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Cenere-Il castello incantato

Venerdì 13 Settembre 2019




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Si inaugura alle
ore 18.30 di venerdì 20 settembre 2019 presso
il Castello di Carini (PA), la rassegna di Momò Calascibetta e Dario Orphée La
Mendola Cenere – Il castello incantato,
a cura di Andrea Guastella.
Da Kafka in
avanti, i castelli sono luoghi di violenza e di sopraffazione. Qualcosa del
genere, secondo gli autori della mostra, accade in arte: un mondo che, lungi da
appartenere ai soli artisti, è guidato da figure che, obbedendo a logiche
rigidamente commerciali, sovente riducono gli autori (e le loro opere) a
ingranaggi, meccanismi di un sistema incomprensibile. Dario Orphée, in
particolare, ha raccontato in un suo scritto, La cenere dell’acanto, di
una mostra in Sicilia nata morta. Momò Calascibetta invece i morti li ha
risuscitati, esaltandoli in riquadri dove i “signori dell’arte” sono condannati
a ripetere in eterno i medesimi esercizi. E tuttavia la rassegna, lungi da
ridursi a una critica, è da leggersi come “incantata” celebrazione della
pittura – ma anche dei soggetti effigiati: se sono presenti conteranno pur
qualcosa – e come riflessione semiseria sul rapporto dell’uomo con il tempo e
con la fine. Che non a caso nell’eternità dell’arte coincide col principio.
Inaugurata presso la Farm di Favara, Cenere ha gi
toccato il Polo Museale A. Cordici di Erice, l’ex chiesa di San Giovanni a
Gela, Palazzo La Rocca a Ragusa, il Museo Mandralisca a Cefalù, Palazzo
Beneventano a Lentini, il Museo Civico di Termini Imerese, il Museo Riso a
Palermo, l’ex convento di San Francesco di Paola di Castelvetrano. La mostra
sarà visitabile presso il Castello di Carini sino al 19 ottobre 2019. Seguiranno
tappe italiane ed europee.

Momò Calascibetta nasce a Palermo. Si laurea in
architettura con Gregotti ma sceglie di dedicarsi esclusivamente alla pittura;
pittura che Leonardo Sciascia definirà “il racconto dettagliato
dell’imbestiamento di una classe di potere già sufficientemente imbestiata
nella più lata avarizia e nella più lata rapacità…”. I suoi personaggi hanno
assistito “alla caduta degli dei” ma conservano l’imprinting del mito più alto; i suoi “relitti umani” divorano con
cupidigia, godono e si preparano all’atto unico, forse finale, dell’effusione
amorosa, della totale consunzione carnale dell’individuo, del deliquio dei
sensi nella sfrenatezza di un’avida passione. Nel 1982 si trasferisce a Milano
dove nascono Comiso Park, Piazza della Vergogna, De l’amour, Labirinto Verticale: serie di opere che verranno esposte alla
Fondazione Corrente, alla Fondazione Mudima, alla Galleria Jannone, alla
Galleria Daverio ed in fiere internazionali come Arte Fiera di Bologna, MiArt,
Artexpo New York Coliseum, Art Basel, Arco Fiera di Madrid. Nel 2002 la
Fondazione Mudima, a cura di Philippe Daverio, organizza una mostra-evento dal
titolo Terromnia, dove vengono per la
prima volta raccolte le sculture e i dipinti più rappresentativi di tutte le
serie. La mostra susciterà l’interesse di Gillo Dorfles, Alessandro Riva, Marco
Meneguzzo, Liana Bortolon e Giovanni Quadrio Curzio. Nel 2004 è ospite coi suoi
lavori alla trasmissione Passepartout
di Philippe Daverio su RAI 3 e nel 2005 un suo grande dipinto, Il gelato di Tariq, viene utilizzato per
l’allestimento del set delle nove trasmissioni estive di Passepartout. Memorabile la sua esperienza di (non) partecipazione
alla Biennale di Venezia del 2005, in occasione della quale organizza il
progetto collaterale Esserci al
Padiglione Italia
, mostra di protesta contro un “mondo dell’arte” dominato
da lobby finanziarie cieche ed arroganti, sempre più separate dalla vita reale.
Nel 2005 col progetto Plotart a cura
di Gianluca Marziani è coinvolto in diverse gallerie d’arte in Europa (Studio
Senko, Danimarca; Dot Galerie, Svizzera; Fondazione Carlo Molineris, Svizzera;
Galerie Kiron, Francia; Rar Galerie, Olanda; Galerie Hartdiest, Belgio; Blanca
Soto, Spagna; Galleria Arturarte, Italia; La Sala Naranja, Spagna). Data al
2007 un’antologica intorno al tema del “sorriso” a cura di Vincenzo Consolo al
Museo Mandralisca di Cefalù e al 2009 l’acquisizione di una sua opera al Museo
Guttuso di Bagheria. Nel 2016 è il turno di Momeide,
un’antologica alla Civica Raccolta Cappello a Ragusa, a cura di Andrea
Guastella, e nel 2017 di un’istallazione alla Farm Cultural Park di Favara da
titolo provocatorio Agrigentèrotique,
a cura di Dario Orphée. Cenere,
l’ultimo progetto itinerante realizzato in collaborazione con lo scrittore
Dario Orphée e a cura di Andrea Guastella, lo vede presente dal 2018 al 2019
nei principali siti espositivi e musei della Sicilia, terra in cui l’artista,
come hanno rilevato Sciascia, Bufalino e Consolo, è profondamente radicato. E
anche in questo ciclo non vengono meno i tratti del disegnatore satirico di
razza evidenziati un po’ da tutti i critici – da de Micheli a Soavi, da Dentice
a Testori, da Daverio a Dorfles a Meneguzzo – che lo hanno seguito da vicino.
Nato ad Agrigento, Dario
Orphée
ha conseguito la maturità scientifica e la laurea magistrale in
filosofia. Insegna Estetica ed Etica della Comunicazione presso l’Accademia di
Belle Arti di Agrigento e Progettazione delle Professionalità presso
l’Accademia di Belle Arti di Catania. Critico e curatore indipendente,
collabora con numerose riviste – scrivendo di critica d’arte e teatrale,
estetica, filosofia della natura e filosofia dell’agricoltura – tra cui
“Segno”, “Il Pickwick”, “Permacultura & Transizione” e “Balarm”.
Attualmente si occupa dello studio del sentimento, di gnoseologia dell’arte, di
estetica ecobiologica e di scienze naturali.
INFO

Mostra: Cenere – Il castello incantato
Autori: Momò Calascibetta, Dario Orphée La Mendola
Curatore: Andrea Guastella
Luogo:
Castello di Carini
Inaugurazione: venerdì 20 settembre 2019, ore 18.30
Durata : 20 settembre -19 ottobre
2019

Orari: Mattina:
09.30-13.30 - Ultimo ingresso ore 13.30 -
Pomeriggio: 16.00-20.00 - Ultimo ingresso ore 19.30
(Per prenotazioni: Tel. +39 091 8815666
Email: castello@comune.carini.pa.it)
Il sabato e la domenica e il lunedì, mercoledì,
giovedì e venerdì pomeriggio sarà attivo anche il seguente numero telefonico
091 8611340 per comunicazioni dirette alla biglietteria del Castello.
Costo biglietto d’ingresso:
3.50
Recapito
telefonico:
 091 8128550
Direzione
artistica:
Chiara Donà Dalle Rose
Organizzazione
tecnica:
 Salvo Sciortino
Video: Davide Cataudella
Catalogo: in allestimento
Cortometraggio
CENERE
: Regia di Tommaso Lusena de
Sarmiento  - Musiche Enza Lauricella,  Filippo
Calascibetta, Roberto Barbieri - Protagonista MoMò
Calascibetta - Testi Dario Orphée - Voce narrante
Luca Cardinale -Animazioni grafiche Alessandro
Castriciano e Silvia Nardo - Assistenza e supporto informatico
Formattatoio club - Postproduzione Cimatique Production - Realizzazione
Cimatique Production
Foto: Gerlando Sciortino e Franco Noto
Progetto
grafico:
 Roberto Collodoro
Ufficio stampa: Paola
Feltrinelli
paolafeltrinelli79@gmail.com 
Staff Cenere: artecenere@gmail.com
Tod’s

Cenere

Lunedì 8 Luglio 2019

 

Ex Convento di San Francesco di Paola

Collegio dei Minimi

Piazza Escrivà

Castelvetrano | Selinunte

10 luglio 2019/10 settembre 2019

ore 19,00/22,00

 

Il Sindaco Enzo Alfano

il Presidente Chiara Modìca Donà dalle Rose

del WORLD INTERNATIONAL SICILIAN HERITAGE

nella qualità di esperto del Comune per la Cultura

in occasione della parziale apertura al pubblico

del Centro Culturale Polivalente

Ex Convento di San Francesco di Paola

Collegio dei Minimi

in collaborazione altresì

con il Presidente Andrea Guastella

dell’Associazione AUREA PHOENIX

con

il Presidente Marco Basseggio

dell’ INTERNATIONAL ATIYOGA FOUNDATION

con

la partecipazione straordinaria di Prima Mai

vi aspettano 

Mercoledì 10 luglio 2019, ore 19.00/22,00

  • ore 19.00 per l’inaugurazione della mostra Personale “ CENERE” con il Maestro MOMÒ’ CALASCIBETTA a cura di Andrea Guastella con la Direzione Artistica di Chiara Modìca Donà dalle Rose;
  • ore 19,30 presentazione del racconto del testo “LA CENERE DELL’ACANTO di Dario Orphée La Mendola;
  • ore 20,00 «LA DANZA DEL VAJARA DEI SEI SPAZI» con la partecipazione straordinaria di Prima Mai e l’INTERNATIONAL ATOYOGA FOUNDATION dopo il San Carlo di Napoli.

 

In un’ottica di compartecipazione massima della cittadinanza con questo luogo che dovrà diventare luogo di aggregazione e di condivisione quotidiana di giovani, adulti ed anziani, la signoria vostra è invitata a donare una pianta grassa in vaso da ornamento della grande corte che dal 10 giugno 2019 tonerà ad essere di tutti e da tutti curata e vissuta.

La Piazza e la via circostante per le ore della manifestazione saranno interdette al traffico per ragioni di sicurezza, in quanto la strada, la piazza e la corte diventeranno un unicum.

Questi tre appuntamenti nel medesimo giorno, sono un piccolo assaggio della progettualità creata da Chiara Modìca Donà dalle Rose nella sua qualità di esperto per legalità e cultura del neo-sindaco di Castelvetrano – Selinunte, Enzo Alfano e del neo-vicesindaco Biagio Virzì.

L’esperta ha scelto come luogo di lavoro e campo di programmazione l’Ex Convento di San Francesco di Paola, ex Convento dei Minimi, ristrutturato nel 2013 e diventato nel corso degli anni un luogo di mera raccolta di documentazione cartacea comunale, archivi storici e notarili pubblici, emeroteca e sede temporanea dello storico Fondo dell’Accademia di Scienze letterarie e arti di Palermo curato dal “Centro Culturale Giuseppe Basile” e dal “Centro Internazionale di Cultura Filosofica Giovanni Gentile”.

L’esperta dopo avere promesso alla cittadinanza ed ottenuto una visuale ottica diretta dalla strada comunale al tempio E ed alla vecchia del parco di Selinunte, con l’ausilio e l’indispensabile aiuto dell’instancabile Corpo della Guardia Forestale e la disponibilità dall’ex direttore del parco di Selinunte, in queste tre settimane ha ascoltato tantissimi castelvetranesi residenti nella loro città natale e, altri, ormai esuli accorsi in città per conoscerla e condividere sogni e ipotesi di rinascita.

L’esperta oltre ad avere redatto ed organizzato un cartellone di iniziative sul territorio di Castelvetrano – Selinunte di concerto con il Sindaco, si è messa subito all’opera per la realizzazione di tre progetti che portano il suo nome ed il suo marchio per marcare l’identità forte ed autentica di Castelvetrano- Selinunte, unitamente alla sua originaria vocazione, in questi ultimi cinquanta anni fortemente compromessa e dimenticata:

  • POLO MUSEALE DELL’ARCHEOLOGIA DEL PAESAGGIO: la creazione al primo piano di un “Polo Museale dell’Archeologia del Paesaggio” dentro il Convento di San Francesco di Paola ex Collegio dei Minimi che vedrà la luce, verosimilmente, nei primi mesi del 2020. Il museo sarà suddiviso in archeologia, medioevo, rinascimento, arte moderna ed arte contemporanea con una sezione dedicata al grande pittore castelvetranese, il Pardo, ed al Neopardismo in chiave contemporanea. A fare da cornice al museo le librerie sigillate, contenenti i testi dello storico Fondo dell’Accademia di Scienze letterarie e arti di Palermo che sarà possibile consultare solo sotto la stretta vigilanza del “Centro Culturale Giuseppe Basile” e dal “Centro Internazionale di Cultura Filosofica Giovanni Gentile”. Al piano terra, invece, nel ex refettorio, uno spazio dedicato a mostre temporanee con un particolare focus sull’arte contemporanea e sull’architettura del paesaggio di ieri e di oggi.
  • Sempre in stretto collegamento con il neo Polo Museale una sezione dedicata all’archeologia industriale e del paesaggio archeologico delle antiche litorine che attraversavano il parco di Selinunte e tutta la Sicilia da nord a su, da est a ovest. Ad arricchire il museo sarà in particolare la donazione della pregiatissima collezione del Sig. Ingoglia completa di foto introvabili, documenti e manuali e testi dai primordi delle ferrovie italiane sino alla totale dismissione delle locomotive, delle carrozze e delle mitiche litorine. Tale donazione al museo è di grande stimolo per il grande museo a cielo aperto in fase ultima di lavorazione nella vicina stazione ferroviaria, proprio dietro il futuro Polo Museale al Convento di San Francesco di Paola;
  • Tra le tante iniziative dell’esperto, il sogno di portare attivare le litorine per una rispettosa e bucolica veduta dei templi dentro il Parco di Selinunte.
  • Sempre nell’ambito della valorizzazione del paesaggio archeologico, ove per archeologico si intende anche il comparto agricolo/industriale del passato, l’esperta sta ponendo le basi con numerosi castelvetranesi che si sono resi disponibili, di iniziare e segnare un percorso denominato “LA VIA DEI MULINI” che sia un viaggio nella biodiversità e bellezza delle più svariate tipologie di grano siciliano, patrimonio di eccezionale valore biologico ed economico di questa terra. Tale percorso sarà aperto alle ippovie ed alle piste ciclabili con la finalità di destagionalizzare il turismo nei mesi meno caldi e più fioriti;
  • L’esperta sta studiando una ipotesi concreta di percorso da Partanna a Castelvetrano per valorizzare le vasche ed i pozzi selinuntini che si auspica possano essere seguiti dalla sede del FAI di Castelvetrano, emulando la lodevole esperienza del FAI nel cuore del parco di Agrigento.

*** *** ***

  • CREAZIONE DI UN “POLO UNIVERSITARIO INTERNAZIONALE MEDITERRANO DI ARCHEOLOGIA E DI ARCHEOLOGIA SUBACQUEA E DELLE SCIENZE E TECNOLOGIE AL SERVIZIO DELL’ARCHEOLOGIA”: WISH World International Sicilian Heritage promuove l’identità mediterranea siciliana nel mondo e, nell’ambito delle progettualità ed attività del quinquennio 2017/2021, dopo avere organizzato BIAS 2016 in ben 14 luoghi del centro storico di Palermo di cui ha curato la riapertura, nel 2018 ha promosso la BIAS 2020 arrivando ad aprire ben 24 siti di particolare valore culturale in tutta la Sicilia e in Israele Palestina ed in Egitto, nel Veneto, in Umbria ed in Piemonte. Nell’ambito della BIAS 2018 , WISH ha ideato ed organizzato la Convention di Architettura “The Gate: il the secret garden” a Salemi/Gibellina con la partecipazione di 40 università di architettura provenienti da tutto il mondo, con un coinvolgimento diretto ed esecutivo dell’università di architettura di Venezia e del Politecnico di Torino e di Milano. Sempre nel 2018 ha promosso la conferenza mondiale di botanica nel Parco di Selinunte dal titolo “Dal Paesaggio naturale al paesaggio Culturale con la partecipazione di più di cento esperti e cattedratici provenienti da tutto il mondo di botanica. Sulla scorta delle attività già intraprese negli anni passati, dell’esperienza sul campo quale amministratore dell’università di Venezia, l’esperta ha analizzato un’altra dinamica operante in Sicilia, ossia la forte emigrazione dai paesi del Nord d’Africa in Sicilia, cercando di trasformare di necessità in virtù, ossia di creare un Polo Universitario specialistico nell’archeologia e nelle scienza al servizio di essa, su terra e sotto il mare, nelle lingue del Mediterraneo, ossia con corsi in Italiano, Francese, Spagnolo, Greco moderno, Arabo, Turco, Persiano ed Ebraico. Le finalità sono principalmente trasformare Marinella, Triscina, e Castelvetrano in una eccellenza nel panorama dei poli universitari internazionali, impiegare studenti dell’intero bacino mediterraneo nella scoperta funzionale e programmata, dagli scavi, l’ingegneria del recupero nei fondali marini, alla conservazione, alla chimica del restauro, sino alla musealizzazione sotto vuoto o in plein air. In poche parole ridare centralità e ruolo strategico culturale e di sviluppo economico e turistico alla Sicilia che guarda all’Africa ed impiegare forza lavoro e specializzazione proveniente dal comparto immigrazione per valorizzare il nostro territorio;

*** *** ***

  • TRISCINA: ARCHITETTURA ARCHEOLOGICA DEL XIX SECOLO:

L’esperta ha analizzato il complesso caso di Triscina e i fascicoli che di ogni manufatto si sono via via formati. Dopo una lunga disamina e numerose consultazioni con gli organi di governo del territorio, unità alla difficoltà emersa in corso d’opera di portare a termine la demolizione delle costruzioni raggiunte da ordinanza di demolizione senza rischio di danni ambientali, considerata la presenza di amianto nelle case stesse e il mancato studio approfondito di ogni manufatto tale da poter procedere ad una sicura demolizione, unito altresì alla circostanza di una evidente situazione di contrasto di norme di legge e di casi estremi di case vendute dallo Stato all’Asta e poi dichiarate abusive, oltre alla circostanza che per alcuni residenti è l’unica dimora di residenza . Tutto ciò premesso, unitamente ad altre considerazioni ben più complesse e gravose l’esperto ha proposto di optare per la demolizione strutturata e programmata a regola d’arte con la scoperchiatura casa per casa del tetto, poi l’esporto di amianto, vetro e alluminio come rifiuti speciali e in seguito la restituzione alla natura del paesaggio del XIX secolo quale archeologia futura con il riempimento all’interno di giardini esotici, sabbia e profumi.

Il suddetto progetto sarà oggetto, per la sua fase esecutiva, di un concorso internazionale di idee che chiamerà alle “armi”, urbanisti del futuro, architetti, ingegneri, paesaggisti, botanici, artisti, curatori. Lentamente la natura, con l’aiuto dell’uomo, si riapproprierà del suo spazio come più di 2000 anni fa fece nell’oggi parco di Selinunte.

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  • NOTTE DELL’ARCHEOLOGIA VIVENTE: nel mese di agosto, alla luce della Luna Piena, WISH promuoverà un evento unico al mondo che vedrà la collaborazione dei parchi archeologici che si renderanno disponibili per un pranzo vestito di rosso, con il pane rosso della Valle del Belice, a significare il rosso della vita e del colore del templi di Selinunte. I partecipanti a coppie dovranno rigorosamente vestirsi di rosso, munirsi di un tavolo quadrato trasportabile, di due sedie, la tovaglia rossa, i coeprti, un candelabro con candele rosse e la cesta da pic-nic con la cena preparata. La loro entrata sarà contingentata da volontari che a gruppi di 12 li seguiranno e coordineranno nel posizionamento dei tavoli a formare un lungo serpente ai piedi dei templi. Alla fine della serata ogni partecipante dovrà avere cura di lasciare il luogo perfettamente pulito. In questa notte verranno rievocate le genti di un tempo, le religioni perdute rivivranno nelle nostre tavole e nella nostra comunità loco et foco.

Ma tornando alla serata del 10 giugno 2019 alle ore 19,00 verrà inaugurata la mostra del Maestro Momò Calascibetta, dal curioso titolo “Cenere”. E’ una complessa e criptica riflessione sullo stato dell’arte contemporanea, con un forte riferimento agli operatori dell’arte, un sorte di corte di “Dei” dal sapore e dal tenore contemporaneo con la vocazione a diventare archeologia nel futuro. La tecnica pittorica è apparentemente quella della caricatura di personaggi reali viventi ma in realtà molteplici riferimenti iconografici evidenziano la portata del lavoro e la profondità dello stesso mirante ad una riflessione e ad un dialogo sempre più intenso tra arte e matrici del passato con la produzione contemporanea.

La presentazione della mostra sarà occasione per la presentazione del catalogo e una lectio magistralis della sottoscritta, del curatore e dell’artista.

La sera stessa con la Fondazione “International AtiYoga Foundation” partner attivo di Wish Fondazione Donà dalle Rose per BIAS 2020 per il Padiglione Buddista sul tema del “the game: il tempo del gioco, il gioco del tempo”. La Fondazione in collaborazione con BIAS 2020 organizza la “danza del Vajara dei Sei spazi” con un mandala del diametro di 10 metri di stoffa dove verrà eseguita la danza stessa a cui verranno chiamati a partecipare gli spettatori e la cittadinanza stessa. Sarà occasione per presentare il Bando BIAS 2020.

Qui di seguito il concept della mostra che verrà allestita tra il 4 ed il 9 di luglio con vernissage previsto per il 10 sera alle 19.00 con apertura al pubblico dell’Ex refettorio del Collegio dei Minimi ed apertura della Corte di accesso e del portone grande. L’apertura è prevista sino alle 22.00.

ABSTRACT

Concepita da un pittore che opera da oltre un trentennio con personali e collettive di grande spessore e da un giovane scrittore, la mostra racconta il panorama artistico siciliano – da sempre “serra calda” di innovative elaborazioni culturali – in chiave “teatrale”, eleggendolo a immagine di un mondo, quello dell’arte, il quale, lungi da appartenere ai soli artisti, è guidato da figure che, obbedendo a logiche rigidamente commerciali, sovente riducono gli autori (e le loro opere) ad ingranaggi, meccanismi di un sistema incomprensibile come, agli occhi dei profani, le oscillazioni della borsa.

Dario Orphée La Mendola, in particolare, ha raccontato in un suo scritto, La cenere dell’acanto, di una mostra in Sicilia nata morta.

Momò Calascibetta invece i morti li ha risuscitati, esaltandoli in riquadri dove i “signori dell’arte” senza riferimenti personali ma presi in prestito all’immaginaria rappresentazione dello stato dell’arte oggi divengono figure allegoriche di un presente che, immortalato, diventerà passato nella sua irreversibile fissità.

La cifra stilistica dei lavori è improntata all’ironia socratica, nel pieno rispetto di una tradizione pittorica “alta”, ma senza escludere anzi usando spesso con spirito giocoso i linguaggi contemporanei.

Tematiche

Dove va l’arte oggi? Ha ancora un senso dedicarsi al disegno e alla pittura? I veri artisti, chi sono? E soprattutto, chi controlla i controllori? La mostra non fornisce risposta. Perché all’Accademia della Belle Arti si studia composizione, pittura, scultura, fotografia, storia dell’arte quando per il mercato dell’arte, più ghiotto, sovente non è richiesta la conoscenza ma l’aderenza ad un rigoroso e leggero minimale rapporto con la finanza e la politica che la sostiene. I titoli, le conoscenze sono giudicate come catene di un sapere che in modo autoreferenziale sembrano essere malattie infettive da debellare. Si limita a condurre gli spettatori al centro di problematiche contemporanee ma dall’evidente risvolto universale, quali il rapporto dell’uomo con lo scorrere del tempo e l’inevitabile trionfo della morte che, come nel famoso affresco di Palazzo Abatellis, annichilisce gli individui e le loro creazioni. Il tutto entro la cornice di una terra – la Sicilia – che ha sempre avuto con la morte un rapporto, se così si può dire, di amicizia e confidenza. Dopo la morte cosa lascerà il nostro tempo ai grandi temi dell’arte.

Opere

Le maschere raffigurano per speculum in aenigmate personalità del mondo dell’arte italiano e più piccolo, siciliano, (mecenati, collezionisti, galleristi, direttori amministrativi, curatori, ecc.) nei loro vizi capitali e nelle loro virtù, allegoricamente disegnate senza riferimento personale a nessuno di essi. E tuttavia, come il titolo stesso suggerisce, l’identità dei soggetti effigiati è cenere, un guscio da scartare. Essi esistono, o credono di esistere, solo perché uno o l’altro degli autori ha avuto un qualche rapporto con individui reali e sembra aver conservato ricordi delle loro fattezze. L’idea stessa che esista un sistema dell’arte siciliano è evocata allo scopo di destare ilarità ma anche compiacimento per coloro che l’arte l’hanno salvata veramente, o almeno di ci provano. La denuncia degli artisti va molto al di là: muove dalla loro esperienza personale per riflettere a voce alta sul rapporto tra arte e potere, tra potenzialità e possibilità. Nessuno, in ogni caso, è citato in modo esplicito, il che determina nello spettatore un profondo coinvolgimento personale, che non esclude anzi incoraggia i processi di identificazione indipendentemente dai visi presi solo in prestito.

Spazi

La mostra prevede, nell’antico refettorio sito al piano terra del Collegio dei Minimi, Ex Collegio di San Francesco di Paola, l’istallazione di un polittico di legno con diciannove riquadri di 69×69 cm cadauno e una “porta della morte”. I riquadri sono decorati con santini, fiori finti, lumini, oggettistica Kitsch. Fanno inoltre parte del complesso 50 ex voto di formato variabile e di libero montaggio con versioni alternative dei medesimi soggetti; una fenice simbolo di resurrezione da collocare alla fine del percorso e un leggio, illuminato da luci di scena, con il testo de La cenere dell’acanto.

L’installazione sarà effettuata in loco, determinando il formarsi, nel sito espositivo, di un’atmosfera curiosa. La co-curatela dell’esperto nominato dal sindaco per legalità e cultura Chiara Modìca Donà dalle Rose, ideatrice della mostra a Castelvetrano e della creazione di un nuovo Polo Museale Comunale, ha commissionato tre figure inedite della mostra itinerante Cenere di tre notissimi esperti di arte italiani, rendendo ancora più ampio e scenografico il contesto teatrale dell’istallazione con l’ausilio di strumenti atti a rianimare lo stato dell’arte ed a seppellire ciò che non ne ha permesso il suo normale corso.

Tempi

In tempi di mostre per soli addetti ai lavori (a meno che non si tratti di rassegne commerciali) Cenere intende raggiungere quanti più visitatori possibile. Per tale ragione la rassegna è itinerante per i principali musei della Sicilia. Inaugurata presso la Farm di Favara, essa ha già toccato il Polo Museale A. Cordici di Erice, l’ex chiesa di San Giovanni a Gela, Palazzo La Rocca a Ragusa, il Museo Mandralisca a Cefalù, Palazzo Beneventano a Lentini, il Museo Civico di Termini Imerese, il Museo Riso a Palermo, nella sede della Cappella dell’Incoronata e, finalmente in piena stagione stiva, Castelvetrano Selinunte dal 10 giugno al 10 settembre 2019. Sono inoltre previste una tappa italiana e una europea.

Modalità

Rassegna dal carattere didattico e interdisciplinare, Cenere mira al coinvolgimento integrale del pubblico mediante presentazione della pubblicazione La Cenere dell’Acanto, performance, concerti, drammatizzazioni, video esplicativi (vedi Cenere on the road) e un docufilm in corso di realizzazione.

Curricula

Bio Momò Calascibetta

Momò Calascibetta nasce a Palermo in vicolo del Forno. Si laurea in architettura con Gregotti e Pollini ma sceglie di dedicarsi esclusivamente alla pittura.

Pittura che Leonardo Sciascia definirà “come il racconto dettagliato dell’imbestiamento di una classe di potere già sufficientemente imbestiata nella più lata avarizia e nella più lata rapacità”.

Il mondo dei sogni di Momò è abitato da draghi-unicorno, idoli arcani, sogghignanti coccodrilli, giunoniche domatrici, sfrenate tauromachie e toreri evanescenti come lemuri, cavalieri dimentichi e addormentati, minotauri ingentiliti infiammati di passione amorosa, voluttà debordante, lascivia e ingordigia.

I suoi personaggi hanno assistito “alla caduta degli dei” ma conservano l’imprinting del mito più alto; i suoi “relitti umani” divorano con cupidigia, godono e si preparano all’atto unico, forse finale, dell’effusione amorosa, della totale consunzione carnale dell’individuo, del deliquio dei sensi nella sfrenatezza di un’avida passione.

Nel 1982 si trasferisce a Milano dove nascono tematiche come “Comiso Park”, “Piazza della Vergogna”, “De l’Amour”, “Labirinto Verticale”, “Terromnia” che troveranno spazi espositivi alla Fondazione Corrente, Fondazione Mudima, Galleria Jannone, Galleria Philippe Daverio, ed in fiere internazionali d’arte: Arte Fiera di Bologna, MiArt, Artexpo New York Coliseum, Art Basel, Arco Fiera di Madrid.

Nel 2002 la Fondazione Mudima, a cura di Philippe Daverio, organizza una mostra-evento dal titolo “Terromnia”, dove vengono esposte per la prima volta le sculture e le opere più rappresentative di tutte le tematiche. La mostra susciterà l’interesse di numerosi critici e personaggi che animano la vita culturale meneghina tra i quali Gillo Dorfles, Alessandro Riva, Marco Meneguzzo, Liana Bortolon e Giovanni Quadrio Curzio.

Nel 2004 è stato ospite con le sue opere alla trasmissione Passepartout di Philippe Daverio su RAI 3 e nel 2005 un suo grande lavoro “Il gelato di Tariq” viene utilizzato per l’allestimento del set delle nove trasmissioni estive di Passpartout.

Durante la Biennale di Venezia del 2005 Momò, con altri curatori, organizza il Progetto “Esserci al Padiglione Italia”, evento che ha voluto lanciare un messaggio alla Biennale puntualizzando che l’arte italiana è ammorbata da una volontà dominante verso il crescente dilagare di uno sporco e corrotto mercato dell’arte. Nel settembre 2005 partecipa al grande progetto Plotart a cura di Gianluca Marziani e Massimo Lupoli che lo coinvolge in diverse gallerie d’arte contemporanea in Europa (Studio Senko-Danimarca, Dot Galerie-Svizzera, Fondazione Carlo Molineris-Svizzera, Galerie kiron -Francia, Rar Galerie-Olanda, Galerie Hartdiest-Belgio, Galerìe Blanca Soto-Spagna, Galleria Arturarte-Italia, Centro Multimeios-Portogallo, La Sala Naranja-Spagna. Nel 2007 al Museo Mandralisca di Cefalù un’antologica intorno al tema del “sorriso” a cura di Vincenzo Consolo e nel 2009 l’acquisizione di una sua opera al Museo “Renato Guttuso” di Villa Cattolica. Nel 2016 “Momeide”, un’antologica a Palazzo Zacco a Ragusa a cura di Andrea Guastella e nel 2017 un’istallazione alla Farm Cultural Park di Favara da titolo provocatorio Agrigentèrotique a cura di Dario Orphée.

Gli elementi e le radici della sua sicilitudine sono stati sottolineati con testi di Sciascia, Bufalino, Consolo, scrittori che lo hanno sostenuto nel suo viaggio creativo. Nell’opera di Momò, da Mario de Micheli a Giorgio Soavi, da Dentice a Testori, da Philippe Daverio a Gillo Dorfles e Marco Meneguzzo, sono state individuate le caratteristiche ed i canoni del grande e raro disegnatore satirico.

Bio Dario Orphée

Nato ad Agrigento. Ha conseguito la maturità scientifica e la laurea magistrale in filosofia. Insegna Estetica ed Etica della Comunicazione presso l’Accademia di Belle Arti di Agrigento e Progettazione delle professionalità presso l’Accademia di Belle Arti di Catania.

Critico e curatore indipendente. Collabora con numerose riviste, scrivendo di critica d’arte e teatrale, estetica, filosofia della natura e filosofia dell’agricoltura, tra cui “Segno”, “Il Pickwick”, “Permacultura & Transizione” e “Balarm”. Si sta occupando dello studio del sentimento, di gnoseologia dell’arte, estetica ecobiologica e scienze naturali.

Bio Andrea Guastella

Nato a Ragusa il 17-08-1973, si è laureato in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Catania nel 1996 col massimo dei voti e lode. La sua tesi su Giuseppe Ungaretti e Jacopone da Todi (Il futuro della tradizione – Ungaretti e Jacopone) è stata poi integralmente pubblicata nel numero di settembre/dicembre 1998 del quadrimestrale di critica “Otto/novecento”. Sempre sulla stessa rivista, ha pubblicato il saggio Il copione del “San Francesco d’Assisi” e la “fiaba” francescana. Appunti sul Gozzano cineasta e narratore per l’infanzia (gennaio/aprile 1999). Sul numero 1/97 della rivista “Proteo” è uscito il suo studio Dopo il diluvio: figure di animali nel canzoniere ungarettiano. Su Quasimodo ha scritto il saggio Il muro metafisico e la siepe leopardiana nell’Isola di Salvatore Quasimodo per Un dono in forma di parole, studi dedicati a Giuseppe Savoca (Genova, Agorà, 2002). Il primo contributo su Ungaretti, unitamente alla relazione letta presso il Seminario Internazionale Giuseppe Ungaretti, In memoria, Roma, “La Sapienza”,1 giugno 2000 (Il miracolo è parola. Ungaretti e Blake) e a un saggio inedito (Il nome ritrovato. Le metamorfosi di Dunja), è stato pubblicato nel suo libro Il futuro della memoria. Tre studi su Ungaretti (Catania, Cuecm, 2003), gli altri interventi sono stati invece raccolti con altri inediti nel volume La risposta futura (Ismeca, 2012). Per le Edizioni Studium è autore del libro Il respiro della vita. Invito alla lettura di Biagia Marniti (Roma, 2001), con in appendice diciannove lettere inedite di Alba de Céspedes a Biagia Marniti e un carteggio anch’esso inedito della Marniti con Giuseppe Ungaretti (1954-1957). Nel 2009 ha curato il convegno nazionale di studi I volti di Medea (Ragusa, Liceo Classico-Cinema Lumière). Ha inoltre lavorato con Emanuele Schembari a una antologia di poeti siciliani contemporanei, Dalla lama del giorno, tradotta e pubblicata in Romania (Editura Nona, 2002). Dirige con Giuseppe Fava la collana di poesia “Due Righe” per l’editore Libroitaliano. Come poeta in proprio è autore delle sillogi La camera quadrata (Libroitaliano, 2002) e Il mare d’erba (Aurea Phoenix Edizioni, 2015). Ha curato per due anni la rubrica Parola d’autore del bimestrale romano “Cultura & Libri”. Ha collaborato con le riviste “Studi Cattolici”, “Fogli”, “ClanDestino” e con il quotidiano “La Sicilia”, su cui ha licenziato vari articoli di interesse artistico e letterario. Molti di questi testi sono poi confluiti nel volume Il muro e la notte (Ismeca, 2011). È stato poi redattore della rivista “Pagine dal Sud”, per cui ha stilato una rubrica di arte, e degli annali del Centro Studi Feliciano Rossitto, per i cui tipi ha pubblicato i volumi Occhipinti e la critica (2006) e Franco Antonio Belgiorno: L’uomo, il giornalista, lo scrittore (2009). È stato redattore della rivista di arte e letteratura “Trasmigrazioni” e membro dell’Editorial Board della rivista “Ippocrene” (vedi anche www.ippocrene.com). Collabora all’almanacco d’arte “Plumelia”. Si è occupato dei beni archeologici presenti nel territorio ibleo e ha preso parte come relatore a un congresso tenutosi a Tunisi (febbraio 2008) sulle epigrafi e i mosaici romani del tardo impero, riferendo sui litostrati nella villa retina del Tellaro in un intervento pubblicato sui “Quaderni Sallustiani”. Ha partecipato come relatore a svariati convegni di argomento artistico, tra cui l’ultimo dedicato dalla Città di Ragusa a Carmelo Cappello. Dal gennaio 2002 è dottore di ricerca in Italianistica. La sua tesi di dottorato, Parole di Ungaretti traduttore, è confluita nella Concordanza delle traduzioni poetiche di Giuseppe Ungaretti (Olschki, 2003), pubblicata per le cure sue e di Giuseppe Savoca. Già organizzatore di eventi (suo il coordinamento del Convegno Internazionale Le mille vite della musica, chi fa e chi usa le parole e i suoni, Castello di Urio, 1997) ed editor presso la R.C.S. Libri (Gruppo Rizzoli) e le edizioni Ares di Milano, è cultore di Letteratura italiana contemporanea e membro della commissione esaminatrice della suddetta disciplina presso l’Università di Catania. È docente a tempo indeterminato di Storia dell’arte presso il Liceo Classico Umberto I di Ragusa. A partire dai primi anni 2000 si è principalmente interessato di arti figurative in veste di critico e di curatore. I suoi interventi sono stati raccolti nei volumi Viaggio a Sud Est (Ismeca, 2011), Un altro viaggio (Ismeca, 2013), Il ramo verde (Aurea Phoenix Edizioni, 2015), Sogni (Aurea Phoenix Edizioni, 2017) e nel volume appena edito Mondi fantastici (Aurea Phoenix Edizioni, 2018). Del 2009 il volume di storia del cinema Un idolo in controluce. Enzo Battaglia (con Domenico Monetti e Luca Pallanch, Elledue) e del 2011 il volume tra poesia e prosa Storia di San Giorgi Cavalieri (MitoMania Edizioni). Nel 2014 è invece uscita la monografia Il sonno della ragione. Colloquio con Franco Cilia (Aurea Phoenix Edizioni). Presidente dell’Associazione Aurea Phoenix dal 2013, cura da tre anni gli eventi culturali della Civica Raccolta Carmelo Cappello di Ragusa, presso cui ha organizzato decine di rassegne espositive. Ha firmato, tra le altre, monografie di Calascibetta, Guccione, Caruso, Ciulla, Iudice, La Cognata, Vespignani, Cilia, Sarnari, Robustelli, ecc. Ha inoltre realizzato come autore numerosi documentari su artisti contemporanei. Attualmente lavora col regista Vincenzo Cascone a un docufilm su Carmelo Cappello.

INFORMAZIONI

  • Titolo : CENERE
  • Autori : Momò Calascibetta e Dario Orphée La Mendola
  • Curatore : Andrea Guastella
  • Direzione artistica: Chiara Modìca Donà dalle Rose
  • Luogo : Ex convento San Francesco di Paola - Piazza Escrivà - Castelvetrano (TP)
  • Inaugurazione: mercoledì 10 luglio 2019, ore 18.00
  • Durata : 10 luglio -10 settembre 2019
  • Foto : Gerlando Sciortino e Franco Noto
  • Cortometraggio CENERE : Regia di Tommaso Lusena- Musiche  Enza Lauricella, Filippo Calascibetta, Roberto Barbieri Protagonista Momò Calascibetta - Testi  Dario Orphée - Voce narrante Luca Cardinale -Animazioni grafiche Alessandro Castriciano e Silvia Nardo-Assistenza e supporto informatico Formattatoio club-Postproduzione Cinematique Production - Realizzazione  Cimatique Production
  • Progetto grafico :  Roberto Collodoro
  • Catalogo :  pubblicazione alla fine del tour
  • Organizzazione tecnica : Salvo Sciortino
  • Orari di apertura : lunedì - venerdì  9.00 - 13.00
  • Ingresso gratuito
  • Ufficiostampa : PaolaFeltrinelli 
  •  paolafeltrinelli79@gmail.com 
  • Staff Cenere artecenere@gmail.com

Cenere: delitto e castigo

Lunedì 21 Gennaio 2019

*Cenere*

delitto e castigo

Una installazione di

 Momò Calascibetta e un racconto di Dario Orphèe

 intorno al sistema dell’ Arte

a cura di Andrea Guastella

Vizi, Virtù, Godimenti,

dei signori dell’Arte

in Sicilia

Si inaugura domenica 27 gennaio 2019, alle ore 18.00, presso il Museo d’arte contemporanea di Palazzo Beneventano a Lentini(SR) la rassegna di Momò Calascibetta e Dario Orphée Cenere–Delitto e Castigo, a cura di Andrea Guastella.

Si dice che l’assassino torni sempre sul luogo del delitto; nel nostro caso, sono piuttosto i luoghi a inseguire gli assassini. E non è certo un caso che gli autori di Cenere, su cui ricade la colpa di aver ucciso e seppellito i potenti dell’arte in Sicilia – Dario Orphée ha raccontato di una mostra nata morta, Momò Calascibetta invece i morti li ha risuscitati, sigillandoli in loculi di 69×69 cm. ciascuno –, se ne siano accorti proprio a Lentini, patria di quel sofista che, arrivando a teorizzare l’innocenza di Elena, non era lontano dall’ammettere l’universalità del male: se tutti sono innocenti, nessuno è incolpevole.

Men che meno gli autori che, come il protagonista dell’immortale romanzo di Dostoevskij, dopo essersi accaniti contro i pupi siciliani, sono assaliti dai sensi di colpa e si struggono, tra una risata e una vodka, in attesa di un perdono che non chiederanno mai.La rassegna, itinerante, inaugurata alla Farm di Favara lo scorso 16 giugno, e che ha già toccato il Polo Museale A. Cordici di Erice, l’ex chiesa di San Giovanni a Gela, Palazzo La Rocca a Ragusa e il Museo Mandralisca a Cefalù, toccherà i principali musei della Sicilia per poi spostarsi in Italia e in Europa.

Momò Calascibetta nasce a Palermo. Si laurea in architettura con Gregotti ma sceglie di dedicarsi esclusivamente alla pittura; pittura che Leonardo Sciascia definirà “il racconto dettagliato dell’imbestiamento di una classe di potere già sufficientemente imbestiata nella più lata avarizia e nella più lata rapacità…”. I suoi personaggi hanno assistito “alla caduta degli dei” ma conservano l’imprinting del mito più alto; i suoi “relitti umani” divorano con cupidigia, godono e si preparano all’atto unico, forse finale, dell’effusione amorosa, della totale consunzione carnale dell’individuo, del deliquio dei sensi nella sfrenatezza di un’avida passione. Nel 1982 si trasferisce a Milano dove nascono Comiso ParkPiazza della VergognaDe l’amourLabirinto Verticale: serie di opere che verranno esposte alla Fondazione Corrente, alla Fondazione Mudima, alla Galleria Jannone, alla Galleria Daverio ed in fiere internazionali come Arte Fiera di Bologna, MiArt, Artexpo New York Coliseum, Art Basel, Arco Fiera di Madrid. Nel 2002 la Fondazione Mudima, a cura di Philippe Daverio, organizza una mostra-evento dal titolo Terromnia, dove vengono per la prima volta raccolte le sculture e i dipinti più rappresentativi di tutte le serie. La mostra susciterà l’interesse di Gillo Dorfles, Alessandro Riva, Marco Meneguzzo, Liana Bortolon e Giovanni Quadrio Curzio. Nel 2004 è ospite coi suoi lavori alla trasmissione Passepartout di Philippe Daverio su RAI 3 e nel 2005 un suo grande dipinto, Il gelato di Tariq, viene utilizzato per l’allestimento del set delle nove trasmissioni estive di Passepartout. Memorabile la sua esperienza di (non) partecipazione alla Biennale di Venezia del 2005, in occasione della quale organizza il progetto collaterale Esserci al Padiglione Italia, mostra di protesta contro un “mondo dell’arte” dominato da lobby finanziarie cieche ed arroganti, sempre più separate dalla vita reale. Nel 2005 col progetto Plotart a cura di Gianluca Marziani è coinvolto in diverse gallerie d’arte in Europa (Studio Senko, Danimarca; Dot Galerie, Svizzera; Fondazione Carlo Molineris, Svizzera; Galerie Kiron, Francia; Rar Galerie, Olanda; Galerie Hartdiest, Belgio; Blanca Soto, Spagna; Galleria Arturarte, Italia; La Sala Naranja, Spagna). Data al 2007 un’antologica intorno al tema del “sorriso” a cura di Vincenzo Consolo al Museo Mandralisca di Cefalù e al 2009 l’acquisizione di una sua opera al Museo Guttuso di Bagheria. Nel 2016 è il turno di Momeide, un’antologica alla Civica Raccolta Cappello a Ragusa, a cura di Andrea Guastella, e nel 2017 di un’istallazione alla Farm Cultural Park di Favara da titolo provocatorio Agrigentèrotique, a cura di Dario Orphée. Cenere, l’ultimo progetto itinerante realizzato in collaborazione con lo scrittore Dario Orphée e a cura di Andrea Guastella, lo vede presente dal 2018 al 2019 nei principali siti espositivi e musei della Sicilia, terra in cui l’artista, come hanno rilevato Sciascia, Bufalino e Consolo, è profondamente radicato. E anche in questo ciclo non vengono meno i tratti del disegnatore satirico di razza evidenziati un po’ da tutti i critici – da de Micheli a Soavi, da Dentice a Testori, da Daverio a Dorfles a Meneguzzo – che lo hanno seguito da vicino.

Nato ad Agrigento, Dario Orphée ha conseguito la maturità scientifica e la laurea magistrale in filosofia. Insegna Estetica ed Etica della Comunicazione presso l’Accademia di Belle Arti di Agrigento e Progettazione delle Professionalità presso l’Accademia di Belle Arti di Catania. Critico e curatore indipendente, collabora con numerose riviste – scrivendo di critica d’arte e teatrale, estetica, filosofia della natura e filosofia dell’agricoltura – tra cui “Segno”, “Il Pickwick”, “Permacultura & Transizione” e “Balarm”. Attualmente si occupa dello studio del sentimento, di gnoseologia dell’arte, di estetica ecobiologica e di scienze naturali.

INFO

Mostra: Cenere. Delitto e castigo

Autori: Momò Calascibetta, Dario Orphée La Mendola

Curatore: Andrea Guastella

Organizzazione: Palazzo Beneventano - Coordinatore Giorgio Franco

Spazio espositivo: Palazzo Beneventano, via Francesco d’ Assisi 4, Lentini

Recapito telefonico: 3287167281

Inaugurazione: domenica 27 gennaio 2019, ore 18.00

Durata: 27 gennaio – 24 febbraio 2019

Orario: sabato e domenica dalle 10.00 alle 13.00-da martedì a venerdì su prenotazione al 3287167281- chiuso lunedì

Catalogo: in allestimento

Video: Davide Cataudella

Foto: Gerlando Sciortino e Franco Noto

Progetto grafico: Roberto Collodoro

Organizzazione tecnica: Salvo Sciortino

Informazioni

ufficio stampa-Paola Feltrinelli

paolafeltrinelli79@gmail.com 

Staff Cenere
artecenere@gmail.com

OBLIVION

Giovedì 2 Marzo 2017




ALL’ANTICA CENTRALE ELETTRICA DI VITTORIA, ( Ragusa) 
il  4 marzo, alle ore 18.00, si inaugura la mostra  
OBLIVION”
allestita da MPGART.

Momò Calascibetta-”Nel giardino di Giano” acrilico 2017

Lete e Mnemosine: l’uno accanto all’altra, l’uno contrapposto all’altra. L’arte di dimenticare, il lasciare andare, è nulla senza la capacità di trattenere, la volontà di accogliere. La dimenticanza si lega al ricordo. L’oblio alla memoria. Bere dalle due fonti, per dimenticare le cose passate, le colpe terrene, e poter dare spazio così a nuove immagini, visioni divine, nuove vite. Due intrecci che creano unità, un’interdipendenza che dà liberazione, dell’anima, della mente e dello spirito. E l’essere si avvicina alla felicità.

“Oblivion” è il titolo della collettiva d’arte contemporanea, organizzata dall’associazione culturale MPGart di Vittoria e curata da Melissan Gurrieri e Giovanna La Cava, che sarà inaugurata sabato 4 marzo, alle 18.00, all’Antica Centrale Elettrica di piazza Enriquez a Vittoria, dove resterà allestita fino al 23 marzo. Una collettiva che riunirà circa 40 artisti da tutto il mondo che, attraverso le varie forme d’arte, come la pittura, la scultura, la fotografia, la video art e le installazioni, daranno espressione, immagine, fisicità all’oblio e alla memoria. 
La collettiva sarà composta dalle opere di 20 artisti ospiti e da 18 artisti che hanno partecipato al bando lanciato nei mesi scorsi, i cui lavori sono stati selezionati da una giuria composta da Arturo Barbante, Giovanna La Cava e  Melissan Gurrieri. Gli artisti ospiti sono:

Salvo Barone, Arturo Barbante, Sandro Bracchitta, Momò Calascibetta, Carmelo Candiano, Salvo Catania Zingali, Bartolomeo Conciauro, Naire Feo, Sergio Fiorentino, Giovanna Gennaro, Franco Iacono, Paolo Greco, Sebastiano Messina, Fabio Modica, Michele Nigro, Alida Pardo, Giuseppe Pizzenti, Francesco Rinzivillo, Piero Roccasalvo Rub e Giovanni Stella. I selezionati sono invece: Anita Le Sech, Ay Bm, Dariusz Romanowski, Fiorenza Gurrieri, Giovanna Giaquinta, Irene Pouliassi, Jason B Bernard, Luca Scarpa, Marco Lando, Margarita Henriksson, Natasha Van Budman, Rebecca Key, Sarbast Ahmad Mustafa, Sara Spizzichino, Sara Vacchi, Simon Kloss, Sthephanie Mercedes e Victor Alaluf.

Il 25% del ricavato delle opere vendute sarà devoluto all’associazione MoVis di Vittoria, impegnata nell’abbattimento delle barriere architettoniche: “Le nostre attività - commenta Carmelo Comisi, presidente MoVis Onlus - per tracciare un parallelismo con l’oblio, hanno proprio l’obiettivo di non far dimenticare alla società che esiste il mondo della disabilità, mettendo l’accento su quelle che sono le esigenze delle persone disabili che non vogliono e non devono essere dimenticate dal resto della società civile”.
La mostra, che dal 28 aprile al 7 maggio si sposterà poi al Teatro Naselli di Comiso, gode del patrocinio del Libero consorzio comunale (già Provincia regionale di Ragusa), del Comune di Comiso, del Comune di Vittoria, e del supporto di sponsor privati: Siriac, M.P. Trade, Marimaserre, C.F. Farruggio, Nuova Sud Imballaggi. Per maggiori informazioni visitate il sito www.mpgart.it, la pagina facebook MPGArt. Orari di vista: 17.00 - 20.00. 
ufficio stampa 

***Sfacciati***

Mercoledì 21 Dicembre 2016
autoritratto
Momò Calascibetta-AutoRitratto-cm.60×80 acrilico 2016

Si inaugura giovedì 22 dicembre 2016, alle ore 19.00, presso la Civica Raccolta “Carmelo Cappello” di Palazzo Zacco a Ragusa, la mostra Sfacciati, cura di Andrea Guastella. L’esposizione raccoglie oltre cinquanta autoritratti d’artista che l’Amministrazione Comunale di Ragusa è lieta di ospitare nelle splendide Sale di Palazzo Zacco, dove potranno incontrarsi «con le sculture di Carmelo Cappello» offrendo ai ragusani e ai tanti turisti che ogni giorno visitano il museo «una riflessione su un genere – l’autoritratto – che forse più di tutti contraddistingue la nostra civiltà, ma che gli artisti sono ben lungi dall’aver esaurito quanto a forza e potenzialità».
I visitatori potranno inoltre soffermarsi su un video di Giancarlo Busacca con interventi critici di Andrea Guastella dedicato al tema dell’autoritratto.
Il corto, presentato in occasione dell’inaugurazione della mostra, sarà proiettato a ciclo continuo nell’aula video di Palazzo Zacco.
In occasione della mostra il Comune di Ragusa e l’Associazione Aurea Phoenix organizzano il concorso Realizza il tuo autoritratto. Il concorso, riservato a chi pratica il disegno e la pittura, prevede la creazione di un’opera artistica, su tela, su tavola o su carta, di formato massimo 70×50 cm, ed è suddiviso in quattro sezioni: 1. Scuola primaria; 2. Scuola media inferiore; 3. Scuola media superiore; 4. Sezione libera, aperta a chiunque voglia partecipare, senza limiti di età e condizione
Gli elaborati dovranno pervenire entro e non oltre il 7 gennaio 2017, ore 13.00, presso la Civica Raccolta Cappello di Via San Vito 158. I vincitori, giudicati da una giuria designata dal Comune di Ragusa e dall’Associazione Aurea Phoenix e presieduta dal Sindaco, saranno premiati con la possibilità di tenere una mostra in uno spazio pubblico e con premi offerti dall’Associazione Aurea Phoenix e da sponsor. La premiazione avverrà sabato 14 gennaio alle ore 17.00 presso Palazzo Zacco.
Dal testo in catalogo (Aurea Phoenix Edizioni) di Andrea Guastella: «Voglio essere sfacciato anch’io, confessarvi senza peli sulla lingua l’intera verità.
Questa mostra è stata, come si suole dire, un incidente. Avevo ricevuto, insieme a un amico, un incarico istituzionale: passare in rassegna gli uffici del Comune di Ragusa per individuare, tra le opere d’arte che ospitano, le più interessanti, allo scopo di predisporre la loro ricollocazione in un contesto museale.
Occorreva, ovviamente, interloquire con i dipendenti, spiegando loro come la nostra ispezione non fosse finalizzata a licenziamenti di massa, e facendoci spiegare a nostra volta dove si trovassero statue e dipinti, spesso conservati in magazzini o locali chiusi al pubblico, per tracciarli e stilare le relative schede. Ora, la risposta degli impiegati statisticamente più frequente era: “Qui gli unici pezzi da museo siamo noi che vi parliamo!”.
Lo avevano ripetuto con tanta convinzione da suggerirmi una rassegna dei loro ritratti, e chissà che prima o poi non ci faccia un pensierino. Ciò che però conta è come la visione dei lavoratori museificati – o mummificati, che è un po’ la stessa cosa – si sia unita a una riflessione che conduco da tempo sull’attitudine umana a lasciare ai posteri una traccia, un segno testimoniale del proprio passaggio sulla terra.
Tutti vorremmo vivere per sempre e non potendo, per scontate ragioni, realizzare questo sogno, affidiamo la nostra esistenza a puri oggetti, materiali o immateriali. Alcuni si contentano della buona fama, altri fanno figli, altri ancora appesantiscono di selfie la memoria del cellulare, salvo scaricarla periodicamente, con tante grazie a Facebook, sul proprio profilo.
In realtà questa esigenza nasconde forse un vuoto, un’inquietudine di fondo che i “selfisti” provano a curare attirando su di sé l’attenzione degli altri. Non è però solo di questi Sfacciati che ho intenzione di parlare. Da prima che Internet fosse, gli artisti si cimentano nell’autoritratto. Il capostipite, secondo Plinio il Vecchio, fu l’architetto e scultore Teodoro: si ritrasse in una statua che stringeva nella mano sinistra una mosca, sotto le cui ali si trovava una quadriga; la quadriga, prodigio di cesello, fu rubata, l’autoritratto rimase. Il secondo ricordato da Plinio lo dipinse una “perpetua virgo”, tale Iaia di Cizico, guardandosi allo specchio. Nel mondo classico l’autoritratto era dunque roba da zitelle vanitose o da bimbi mal cresciuti.
Bisognerà aspettare il Velo della Veronica, il Mandylion – insomma, il tanto bistrattato Medioevo – perché l’autoritratto, con sì illustri ascendenti, acquisti quella dignità che gli sarà conferita a pieno titolo solo nel Rinascimento, quando nascono le prime gallerie di autoritratti e si scovano autoritratti di artisti ovunque, anche dove ne mancavano (emblematico il caso del Vasari che, nella prima edizione delle Vite, non individua autoritratti di Giotto, nella seconda gliene attribuisce tre).
È da allora che l’autoritratto diventa, con Dürer e Tiziano, Rembrandt e Courbet, un genere a sé, immagine di assoluta indipendenza ma anche sintomo di una cultura – la nostra – che ha fatto di Narciso, dell’uomo innamorato di se stesso, il suo nume tutelare.
Siamo poi così certi che un autoritratto di Van Gogh sia più nobile – almeno nelle intenzioni – di una foto di Andy Warhol, o di uno scatto digitale?
Stando ai dati oggettivi, il tempo dell’autoritratto, rispetto a quello del selfie, è molto dilatato. Di solito l’autoritratto non è un prodotto estemporaneo: nella sua lentezza sono compresi l’attesa dello sguardo, lo sguardo stesso e la fatica necessaria a tradurlo, con le innovazioni che la pratica e la meditazione suggeriscono.
Vi è però in comune, tra autoritratto e selfie, un elemento essenziale: non tanto l’assenza del pubblico, cercato dall’uno e dall’altro, quanto quella del committente. Selfie e autoritratti si creano anzitutto per se stessi, per soddisfare un’esigenza personale. Perciò è invalsa l’abitudine di considerarli la chiave di accesso al segreto degli autori.
Come scriveva Plotino, la nostra immagine reale non è quella restituita dallo specchio: “Rientra in te stesso e guarda: se ancora non ti vedi bello di dentro, fa’ come lo scultore di una statua che deve venir bella, il quale a volte toglie e a volte leviga, a volte liscia e a volte raffina”.
Al termine di questo processo, nascosto negli autoritratti, palese nei selfie, posto che l’idea che ci facciamo di una certa persona scaturisce dalla somma delle sue presentazioni, appare infine il volto: sarà semplicemente bello, o anche vero?
Non saprei proprio. La maschera è, non di rado, il male minore. E, come non sempre il volto è il clou di un autoritratto – non mancano autoritratti di spalle, o con il capo abbassato – non è affatto scontato che l’autoritratto equivalga al testamento di un pittore.
Mica tutti gli artisti sono inguaribili Sfacciati come quelli accorsi al mio richiamo!
Ve ne sono anche di chiusi e riservati, che mai si sognerebbero di affaticarsi sulla propria sacra effigie (diciamolo chiaramente: chi si autoritrae avrà pure un alto concetto di sé, ma non può essere privo di ironia).
Quanto a me, non posso farci niente: convinto come sono che, anche quando non dipingono se stessi, gli artisti facciano sempre autoritratti, preferisco gli autoritratti espliciti a quelli simulati, come, nella vita di ogni giorno, preferisco chi mi rivolge un saluto a chi mi ignora.
Sarà perché anch’io – come gli adorabili impiegati del Comune di Ragusa – amo scherzare con la gente che incrocia il mio cammino? E che cos’è l’arte se non un invito a stabilire, tra artista e osservatore, un rapporto di intesa, se non addirittura di amicizia e confidenza?
Squadriamoli attentamente, questi Sfacciati. Forse non tutti ci sembreranno simpatici. Ma se anche uno solo sarà riuscito a scalfire l’alienazione che ciascuno a suo modo sperimenta, questa mostra non sarà del tutto vana».

Info: Andrea Guastella, mail: andreguast@yahoo.com
Cell: 327.4059001

Mostra: Sfacciati
Curatore: Andrea Guastella
Autori: Giuseppe Alletto, Salvatore Aquino, Arturo Barbante, Salvo Barone, Antonio Bruno, Momò Calascibetta, Sebastiano Caldarella, Calusca, Carmelo Candiano, Mavie Cartia, Salvo Catania Zingali, Giulio Catelli, Salvatore Chessari, Carmelo Cilia, Franco Cilia, Giuseppe Colombo, Margherita Davì, Giuseppe Diara, Salvatore Difranco, Angelo Diquattro, Angelo Distefano, Giorgio Distefano, Atanasio Giuseppe Elia, Franco Filetti, Alessandro Finocchiaro, Sergio Fiorentino, Bruna Fornaro, Franco Fratantonio, Salvatore Fratantonio, Giovanna Gennaro, Alessandra Giovannoni, Sebastiano Grasso, Angelo Guastella, Mariella Guastella, Giovanni La Cognata, Giovanni Lissandrello, Massimo Livadiotti, Guglielmo Manenti, Sebastiano Messina, Milena Nicosia, Michele Nigro, Miriam Pace, Alida Pardo, Maurizio Pierfranceschi, Ettore Pinelli, Franco Polizzi, Francesco Rinzivillo, Giovanni Robustelli, Piero Roccasalvo Rub, Manlio Sacco, Franco Sarnari, Ruggero Savinio, Alfonso Siracusa, Marco Stefanucci, Paolo Strano, Luciano Vadalà, Giampaolo Viola, Amir Yeke
Organizzazione: Comune di Ragusa - Associazione Culturale Aurea Phoenix
Catalogo: Aurea Phoenix Edizioni
Video: Associazione Arte Eclettica – Aurea Phoenix Edizioni. Regia di Giancarlo Busacca
Luogo: Civica Raccolta “Carmelo Cappello”, Palazzo Zacco, via San Vito 158, Ragusa
Recapito telefonico: 0932 682486 (Centro Servizi Culturali, Ragusa)
Inaugurazione: giovedì 22 dicembre 2016, ore 19.00
Durata: 22 dicembre 2016 – 25 febbraio 2017
Orario: martedì, mercoledì, giovedì e venerdì ore 8.00 – 14.00, 15.00 – 19.00; sabato ore 9.00 – 13.00, 15.00 – 19.00
Giorno di chiusura: domenica, lunedì e festivi
Ingresso: libero

Momeide

Venerdì 22 Aprile 2016

MOMEIDE


Si inaugura sabato 7 maggio 2016, alle ore 18.00, presso la Civica Raccolta “Carmelo Cappello” di Palazzo Zacco a Ragusa, la mostra Momeide, catalogo Aurea Phoenix Edizioni, a cura di Andrea Guastella. L’esposizione raccoglie una selezione di opere di Momò Calascibetta, «maestro del disegno assai stimato, tra gli altri, da Consolo, Sciascia e Bufalino» che l’Amministrazione Comunale di Ragusa è lieta di ospitare «nelle splendide Sale di Palazzo Zacco, dove alcuni dei suoi lavori più famosi instaurano un dialogo con le sculture e le grafiche di Carmelo Cappello», offrendo ai ragusani e ai tanti turisti che ogni giorno visitano il museo «una testimonianza autentica di impegno civile e di altissimo mestiere»
***il viaggio per  fondare il popolo errante dei “siciliani per caso” ***
Dal testo in catalogo di Andrea Guastella: «Entrambi sono nati in un’isola del Mare della Storia. Entrambi, il pittore delle giostre e l’essere deforme metà uomo metà toro, si ritrovano a vivere lontano – l’uno dal sole di Creta, l’altro da Palermo felicissima, emigrato nelle brume di Milano. Prigionieri di Dedalo, si aggirano in un salone degli specchi che li danna a riconoscere in sé, nel proprio volto, gli orrori che combattono o da cui provano a fuggire. O da cui, come appestati, sono stati allontanati. 
Così, come le urla del Minotauro facevano crollare le pareti, i trionfi della morte di Momò Calascibetta sono lazzi, improperi, atti di accusa contro una società che ha, tra le sue tante colpe, quella di starsene oziosa, schiava della copula e del circo, del tutto inconsapevole della propria ombra. 
Me lo immagino il Minotauro, tra gli echi del suo grido, percorrere avanti e indietro il labirinto alla vana ricerca di una fuga. Anche Momò sembrerebbe ripetere il medesimo tragitto: ordinando i suoi lavori in sequenza cronologica, ho constatato come i più recenti riprendano il filo di altri di decenni addietro senza preoccupazione alcuna per un’uniformità stilistica avvertita, con ogni evidenza, come limite anziché come vantaggio. 
L’unica apprensione è non frapporre ostacoli a un talento straripante: Momò suscita parossismi, incoraggia connubi innaturali tra linee falcate e colori cangianti, occupa angoli morti, svela desideri ardenti e stabilisce, succube e aguzzino come il padre putativo della bestia, il girone d’Inferno cui condannare i figli sazi, inconcludenti del malcostume e della pubblicità. 
Condanne – intendiamoci – all’apparenza tutt’altro che severe. Loro, i vitelloni intorpiditi dalla crapula e dal vizio, galleggiano grevi, madidi di sudore nell’atmosfera ovattata di un perpetuo show televisivo, tra applausi a comando e risate preregistrate. Si sentono furbi, intoccabili, sicuri. Hanno la tracotanza dell’Ignoto marinaio di Antonello. Eppure, a fissarli troppo, reagiscono scomposti. Fu proprio a causa di uno di questi “nuovi mostri” che Momò dovette affrontare un tentativo di censura. Imputazione: il ritratto beota di un politico, addirittura il primo cittadino del paese dove l’opera era in vista, mescolato tra i volti tronfi di Folla. Il dipinto, assai simile all’Autoritratto con maschere di Ensor, non aveva intenti denigratori: Momò quel tale non lo conosceva affatto. Ma, come capita sovente quando si persegua il vero, la somiglianza era reale. Naturale che il sindaco – che, a quanto mi risulta, fu poi processato e condannato – si ritrovasse: il simile riconosce il simile, come il colpevole si lascia individuare tornando a visitare i luoghi del delitto. 
Persino quando riveste le figure dei panni candidi del mito, l’artista non rinuncia a rivelare un brulicare morboso di passioni inconfessate. Che non riguardano, si badi, la povera Pasifae o la Leda spensierata, ma i corrotti osservatori. O dovremmo forse credere che esistano uomini e donne fuori dal comune, che non hanno mai tremato per la prova costume o non si sono interrogati colmi d’ansia su misure e prestazioni? 
Accade, in altre parole, che a furia di specchiarsi Momò ci costringa a specchiarci a nostra volta. E ci faccia venire una gran voglia di distruggere lo specchio. 
Tale cupio dissolvi, non saprei sino a qual punto volontaria, ha indotto l’artista a tentare un nuovo inizio: “in un mondo di arrivisti”, proclama Bufalino, “buona regola è non partire”, ma Momò pensa che “non basta sapere aspettare perché tutto arrivi”. Siamo agli albori del terzo Millennio; mentre a New York crollano le Torri, Antonio Calascibetta cambia nome: sceglie di chiamarsi come lo zio Momò, una persona eclettica, affascinante, incontrata una sola volta all’età di cinque anni e che è stata la chiave delle future scelte artistiche. Quasi non bastasse sbattezzarsi, inaugura – con i dovuti scongiuri – una mostra-funerale, Momò fu Calascibetta e affianca alla pittura un’inedita produzione di sculture. Come un Lucifero annoiato dal suo impieguccio di custode, si lascia insomma il passato alle spalle per prendere il largo verso lidi sconosciuti. 
È tempo di Momeide ma, diversamente dall’Eneide di Virgilio, l’epopea non procede dal racconto del viaggio, quanto da quello della guerra. Anzi, da quello delle rovine della guerra: l’attenzione dell’artista va alle case dilaniate dalle bombe “intelligenti”, ai bambini assenti, intenti a raccattare il cibo tra montagne di immondizia o a giocare per strade desolate. E se Enea portava con sé le statuette dei Lari e dei Penati, Momò custodisce nel cuore il ricordo di un’infanzia felice e riparata, di una giovinezza la cui la meta era partire; un ricordo cristallizzato nelle sue case caffelatte: sgombre, prive di presenze, tutto l’opposto dei palchi e delle tribune degli esordi, quasi a gridare sui tetti che la casa è l’unico spazio inviolabile, l’unico tempio, l’unica tana in cui posare il capo. “La casa”, afferma, “è una geografia della memoria dove il dolore ti abbandona: sono come una tartaruga, ovunque io vada mi porto la casa sulla schiena”. 
Cosa poi contengano le valigie sparse qua e là per le stanze, verso quali altri porti si diriga la sua nave, quali trame di gioia o sofferenza l’alta Musa dipani tra i sentieri del colore, tutto questo lo ignoriamo. 
Ci basti sapere che Momea, eroe siciliano figlio di Filippo, fuggito per il Mediterraneo dopo aver constatato il dilagare di un’arte sempre più mummificata da imbalsamatori culturali, è approdato qualche anno fa non nel Lazio come Enea ma in Sicilia nei pressi di Mozia, dove ha fondato il popolo errante dei “siciliani per caso”».
Antonio (Momò) Calascibetta nasce a Palermo. Si laurea in architettura con Gregotti e Pollini ma dimostra subito una spiccata vocazione al disegno – prontamente riconosciuta da Leonardo Sciascia – che lo induce a dedicarsi in via esclusiva all’arte. Nel 1982 si trasferisce a Milano, da cui intraprende un’intensa attività espositiva in gallerie private e in spazi istituzionali prestigiosi, in Italia e all’estero. Nel 2004 è ospite del programma televisivo “Passepartout” di Philippe Daverio e nel 2005 un suo grande dipinto, Il gelato di Tariq, viene scelto per l’allestimento del set delle trasmissioni estive della serie. Memorabile la sua esperienza di (non) partecipazione alla Biennale di Venezia del 2005, in occasione della quale, in compagnia di altri artisti e curatori, organizza il progetto collaterale “Esserci al Padiglione Italia”, mostra di protesta contro un “mondo dell’arte” dominato da lobby finanziarie cieche e arroganti, sempre più separate dalla vita reale. Nel 2006 apre uno studio anche a Palermo, nel mercato storico della Vucciria. Vive attualmente tra Milano e Marsala.
Mostra: Momeide 
Autore: Momò Calascibetta
Curatore: Andrea Guastella
Organizzazione: Associazione Culturale Aurea Phoenix 
Catalogo: Aurea Phoenix Edizioni 
Luogo: Civica Raccolta “Carmelo Cappello”, Palazzo Zacco, via San Vito 158, Ragusa
Recapito telefonico: 0932 682486 (Centro Servizi Culturali, Ragusa) 
Inaugurazione: sabato 7 maggio 2016, ore 18.00 
Durata: 7 maggio – 30 giugno 2016 
Orario: martedì, mercoledì, giovedì e venerdì ore 8.00 – 14.00, 15.00 – 19.00; sabato ore 9.00 – 13.00, 15.00 – 19.00
Giorno di chiusura: domenica, lunedì e festivi
Ingresso: libero
Info: Andrea Guastella, mail: andreguast@yahoo.com 
Cell: 3383481602
Momò Calascibetta, sito: 

Sentinelle: nuova scuola siciliana

Mercoledì 16 Dicembre 2015
Arte, al Villino Favaloro 

Sentinelle

nuova scuola siciliana
 
  SENTINELLE : nuova scuola siciliana
  19 dicembre 2015 – 15 gennaio 2016
     Villino Favaloro Di Stefano
       Piazza Virgilio – 90141 Palermo
Una nuova scuola siciliana. Ventuno artisti che, come le sentinelle proteggono l’arte pura, fatta di antiche tecniche, ricettari, schizzi e bozzetti. Una moltitudine di opere meritevoli di essere annoverate nella pittura moderna europea e che potrà essere un nuovo riferimento non solo per la Sicilia, ma anche per tutta l’Europa. È Sentinelle: nuova scuola siciliana, la collettiva che sarà inaugurata sabato 19 dicembre, ore 18:00 nella splendida location del Villino Favaloro Di Stefano - Piazza Virgilio, Palermo -.
Madrina d’eccezione, Soimita Lupu, prima ballerina internazionale che, per l’occasione taglierà il nastro della collettiva, promossa da Associazione Culturale BoBeZ e dalla Soprintendenza Beni Culturali e Ambientali di Palermo.
“Come le sentinelle che vigilano e custodiscono persone e cose - commenta il critico e ideatore della mostra, Giuseppe Carli - gli artisti proteggono, con il loro operato, il sacro mondo dell’arte con spirito propositivo che cerca di migliorare la sensibilità comune: ritti, silenti e armati di pennelli, vigilano per la libertà d’espressione e per la tutela della pura pittura, perché la libertà d’espressione non ha religione o appartenenza politica, bensì un metodo, uno stile, una forma di testimonianza che include tutti: riguarda la coscienza di ogni uomo e il desiderio di infinito che tutti hanno nel profondo”.
Artisti in mostra
Guglielmo Acciaro, Daniela Balsamo, Dalila Belato, Momò Calascibetta, Andrea Celestino, Alessandro Costagliola, Luca Crivello, Giorgio Di Fede, Beatrice Feo Filangeri, Roberto Fontana, Lorenzo Gatto, Attilio Giordano, Guido Guzzo, Paolo Madonia, Rocco Micale, Francesco Miceli, Nicolò Morales, Salvo Naccari, Miriam Pace, Domenico Pellegrino, Ignazio Schifano

Nicolò Morales

Daniela Balsamo

Momò Calascibetta

Ignazio Schifano

Roberto Fontana

Dalila Belato

Evento promosso da
Associazione Culturale BoBeZ
Soprintendenza Beni Culturali e Ambientali di Palermo
Madrina dell’evento SOIMITA LUPU
Prima Ballerina internazionale
-orari d’apertura
-da martedì al sabato 16:00/20:00
-domenica e festivi 10:00/13:00
-chiusura tutti i lunedì e il 25 dicembre 2015
-Ideazione, progettazione e cura della mostra Giuseppe Carli
-Coordinamento Monica Schiera
-Segreteria organizzativa Francesca Del Grosso
-Ufficio stampa Martina Barreca
-Catalogo a cura di Giuseppe Carli
-Testi Maria Elena Volpes, Giuseppe Carli
-Traduzioni Francesca Del Grosso
-Redazione Sarah Di Benedetto
-Editing Carmela Spinelli
-Fotografie opere Giorgio Di Fede
-Impaginazione Luca Lo Coco
Si ringrazia
Soimita Lupu, prima ballerina internazionale, madrina dell’evento.
Guglielmo Acciaro, Laura Boscia, Francesco Drago Ciulla, Domenico Martines, Gabriele Martines, Mary  McCann, Patrizia Monterosso, Maria Elena Volpes.
Per la fotografia di copertina si ringrazia Lorenzo Gatto
Per la fotografia dell’opera “Sicilia” si ringrazia Giacomo D’Aguanno
Per la fotografia dell’opera “Megaptera” si ringrazia fotoumberto.it
special thanks
Glifo Edizioni
Ma.Ma.service
Petit Cafè Nobel
Chef Carmelo Criscione
info
+39 339 36 34 206
+39 327 28 19 564
info.bobez@libero.it

 

 

Cloisonnè

Venerdì 11 Dicembre 2015

Cloisonné

 II° edizione
opening
venerdì 11 dicembre ore 19:00
Artisti in mostra
Momò Calascibetta
Nicolò Morales
Miriam Pace
Ignazio Schifano
Curatela Giuseppe Carli
Direzione Monica Schiera
Segreteria organizzativa Francesca Del Grosso
Dopo il grande successo riscosso lo scorso anno, Bobez riapre le porte alla seconda edizione della collettiva di artisti che prende il nome “Cloisonné” a cura del critico Giuseppe Carli. In mostra opere degli artisti Momò Calascibetta, Nicolò Morales, Miriam Pace e Ignazio Schifano. 

All’interno dello spazio espositivo i predetti artisti sono messi a confronto permettendo al visitatore di vedere il loro operato sotto una luce diversa poiché proprio il paragone permette di approfondire e di riconsiderare l’apprezzamento di gusto che noi tutti abbiamo verso l’artista. Come la tecnica a cloisonné, gli artisti appartengono ad un’ unica composizione pur rimanendo ben distinti e riconoscibili nei loro colori: riescono ad intessere un’ unica trama e a convivere assieme in un’ unica collettiva offrendo al pubblico la possibilità di valutare le opere scoprendo assonanze e diversità, e scegliendo quale sia quella a lui più vicina.

special tanks
Masseria La Chiusa

Caleidoscopio-Artisti contemporanei in Sicilia

Mercoledì 18 Novembre 2015
Caleidoscopio - Artisti contemporanei in Sicilia
dal 20 novembre al 3 dicembre al Castello di Spadafora (Messina)
a cura di Gerardo Rizzo
Antonio D’Amico, consigliere comunale di Spadafora, è il supervisore di “Contemporary Art in Sicily”; Ranieri Wanderlingh, l’ideatore del progetto; Dario Russo, il coordinatore artistico.
Tredici sono gli artisti siciliani che, nelle sale del Castello, rifletteranno la vita e l’anima che pulsa nella loro terra, proprio come gli specchi all’interno di un caleidoscopio, irradiando forme e colori all’osservatore che si immerge in questa esperienza: da qui l’ispirazione del titolo attribuito alla mostra.
Espongono per “Caleidoscopio”: Rosario Bruno, Momò Calascibetta, Piero Corpaci, Michele D’Avenia, Pippo Galipò, Mantilla, Mariella Marini, Franco Mineo, Enzo Rizzo, Salvo Russo, Sara Teresano, Delfo Tinnirello, Gaetano Tranchino.
“La mostra – dichiara Antonio D’Amico - dà la possibilità al visitatore di entrare in un territorio intimo in cui è possibile percepire lo spirito segnato da una terra madre e contribuire a creare un momento di riflessione sullo “stato di salute” dell’Arte Contemporanea Siciliana”.
“L’intento – puntualizza Ranieri Wanderlingh - è di spezzare l’isolamento della Sicilia dal contesto culturale nazionale, dando risalto alle validissime personalità artistiche che vivono nell’Isola, ma poi appartengono al mondo. Lo spirito principale del progetto è valorizzare gli attori della cultura e dell’arte contemporanea siciliana, troppo spesso lasciati soli dalle istituzioni”.
Secondo Dario Russo “Per chi riserva una parte del tempo contemporaneo che sta vivendo allo sguardo e alla meraviglia, c’è parecchio da sorprendersi nelle tele e negli oggetti contenuti in questo Caleidoscopio. Scorrono fluide le sale in continui rimandi di colori e forme, temi ed emozioni, lavori di persone di provenienza siciliana e destinazione universale”.
Gerardo Rizzo, riflettendo sulle svariate sfaccettature analizzate nell’esposizione, pone un’emblematica domanda: “Rimane da stabilire se di una scuola siciliana si può parlare anche a proposito della pittura e dell’arte in genere. E la mostra “Caleidoscopio” sembra suggerire di sì”. Di certo ci si può rifare a Vittorio Sgarbi, che rimanda all’idea di “sicilitudine” mutuata dalla letteratura”.
MoMò Calascibetta-la fame-120×150-disegno a matita 2002

Gli eventi organizzati all’interno del Castello di Spadafora attraverso la rassegna Contemporary Art in Sicily vedono la convenzione con la Soprintendenza ai Beni Culturali di Messina. La rassegna è nata con lo scopo di promuovere e valorizzare il ruolo culturale e aggregativo di due luoghi simbolici per il territorio di Spadafora e per i comuni limitrofi, come il Castello e il Museo dell’Argilla, attraverso un’esplorazione dei diversi linguaggi e dei diversi codici dell’arte contemporanea siciliana. È inserita in un progetto cofinanziato dall’Unione Europea e dalla Regione Sicilia (a cura dell’Assessorato Regionale ai Beni Culturali), nell’ambito dei fondi per lo sviluppo regionale nella linea d’intervento dedicata all’arte contemporanea. Il progetto comprende anche l’allestimento tecnico espositivo del piano terra del Castello Spadafora e del Museo dell’Argilla, con arredi e centro multimediale; l’arredo tecnico del nascente “Museo Forma” con impianto di video sorveglianza, parcheggio e cura del verde, e la realizzazione di prodotti culturali video e digitali.  

Elogio del Disegno

Sabato 6 Giugno 2015

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Autori: Francesco Balsamo – Salvo Barone – Giovanni Blanco – Sandro Bracchitta – Momò Calascibetta – Giuseppe Colombo – Piero Guccione – Giovanni Iudice – Giovanni La Cognata – Giovanni Lissandrello – Vincenzo Nucci – Giovannni Robustelli – Franco Sarnari 

Curatore: Andrea Guastella 

Organizzazione: Associazione Aurea Phoenix

Luogo: Civica Raccolta “Carmelo Cappello”, Palazzo Zacco, via San Vito 158, Ragusa

Recapito telefonico: 0932 682486 (Centro Servizi Culturali, Ragusa)

Inaugurazione: sabato 6 giugno 2015, ore 18.00

Durata: 6 / 23 giugno 2015

Orario: aperto tutti i giorni escluso sabato e festivi ore 9.00 /13.00; martedì e giovedì ore 9.00/13.00 e 15.00/17.00

 

Si inaugura sabato 6 giugno 2015, alle ore 18.00, presso la Civica Raccolta “Carmelo Cappello” di Palazzo Zacco a Ragusa, la mostra Elogio del disegno, a cura di Andrea Guastella. L’esposizione, organizzata dall’Associazione Aurea Phoenix col Patrocinio dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Ragusa, raccoglie una selezione di disegni di autori italiani contemporanei.

Martedì 23 giugno alle 18.00, sempre presso i locali di Palazzo Zacco, alla chiusura della mostra verrà presentato il volume di Andrea Guastella Il ramo verde, Aurea Phoenix Edizioni, una raccolta di scritti sull’arte comprensiva del saggio che dà il titolo alla mostra e che le è esplicitamente dedicato.

Dal testo di Andrea Guastella: «In un capitolo dal titolo emblematico, Elogio del pastello, della sua indimenticata Critica della modernità, Jean Clair registrava la risurrezione del disegno che, a suo dire, ritorna “ad occupare […] quel posto primordiale che fu, in altri tempi, il suo”. Trent’anni e passa dopo risulta difficile credere al primato di un’arte universalmente caduta in oblio, abbandonata dalle scuole e soppiantata, nella sua funzione mimetica, da strumenti ottici che consentono di riprodurre il reale con una facilità di gran lunga maggiore. Poco a poco tali strumenti, a cominciare dai più semplici come la fotocamera del telefonino, sono diventati delle vere e proprie protesi corporee, dei prolungamenti delle facoltà percettive col non trascurabile vantaggio di fissare una visione stabile, non soggetta ai capricci della memoria e modificabile a piacimento.

Oggi, perciò, non sembra strano che una star del calibro di Maurizio Cattelan dichiari candidamente di non saper disegnare: “Le mie cose”, afferma, “non le tocco proprio. È il vuoto che mi concentra e mi dà delle idee”. Si potrebbe – ammettiamolo – ironizzare facilmente su quel vuoto, ma sarebbe come prendersela con uno scienziato perché non sa cucinare: l’arte concettuale risponde infatti a logiche mentali che hanno poco da spartire con la “primordialità” del disegno, col suo essere identico a sé stesso da quando i primitivi tracciarono schizzi sulla pareti di una grotta.

Davvero il disegnare fonde l’uomo e il mondo: come lo sciamano si immedesimava nella preda da cacciare, nessun disegnatore che si rispetti è in grado di affrontare una montagna senza diventare in qualche misura una montagna, o di ritrarre una donna limitandosi a contemplarne la sagoma, la forma. Occorre percorrere i luoghi, frequentare le persone, conoscere la luce e l’atmosfera dei primi e i movimenti delle seconde, dal modo in cui, con un gesto della mano, ravvivano i capelli, al piegarsi di una ruga se un pensiero le attraversa. Disegnare non è infatti copiare passivamente il dato oggettivo: è cogliere un’armonia fra rapporti complessi e trasporli in un ordine proprio, sviluppandoli secondo dinamiche autonome. E non si tratta di impresa da poco. Per quanto si tratti di un atto primigenio, per disegnare – come per scrivere – occorre superare una barriera.

Lo aveva capito Van Gogh, che in una lettera al fratello definisce il disegno «l’arte di aprirsi un passaggio attraverso un muro» eretto tra i sensi e l’intelletto, tra ciò che si vede e ciò che si intende esprimere. Ostacolo da superare ma non perciò meno necessario, essendo proprio la sua presenza ad accendere l’immaginazione trasformando la percezione meccanica in interpretazione. Ogni artista, per dirla tutta, ha il proprio muro, che a volte coincide col suo limite, altre con la sua qualità maggiore. Prendiamo il caso di Vincenzo Nucci, amico carissimo da poco scomparso cui ho il piacere di dedicare questa mostra: forse il disegno era per lui un limite, una sfida, ma senza impegnarsi in questo confronto sviluppando le sue attitudini di colorista non sarebbe probabilmente diventato il grande pittore che tutti ammiriamo. Non a caso il suo Paesaggio della memoria, un disegno che mi donò per una mia pubblicazione, è quasi un unicum nel suo corpus, e non manca di ricorrere al bianco del pastello.

Al contrario, per Franco Sarnari il disegno è la prima rimozione – parafrasando un suo famoso ciclo potremmo quasi definirlo una Cancellazione – della sua lunga storia: disegnatore abilissimo, egli farà sempre più a meno della spontaneità dimostrata agli esordi (lo Scooter in mostra risale agli anni ’50) in nome di un tratto più freddo, pensato. C’è quasi da credere che egli abbia temuto di rimanere impantanato nelle secche della facilità esecutiva – la qualità maggiore come ostacolo da superare – rimanendo soltanto un disegnatore.È questo un timore probabilmente condiviso da Giovanni Blanco, altrettanto dotato ma alla continua ricerca di prestazioni superiori per il suo strumento e, sebbene in misura minore, da Salvo Barone, dove l’intellettualismo di alcune scelte tematiche è un freno a mano inserito che rallenta un fluire di linee altrimenti impetuoso.

Solo Giovanni La Cognata, disegnatore naturale se mai ve ne fu uno, è all’apparenza esente da simili preoccupazioni: all’apparenza, poiché il suo ductus, incisivo come plastica è la sua pittura, si nutre di natura almeno quanto è carico di memoria culturale. La spontaneità, è proprio il caso di ripeterlo, è figlia dello studio.Qualcosa del genere accade anche a Piero Guccione, il cui disegno è costruito, meditato, rarefatto proprio come la sua splendida pittura. E alla pittura, a una tessitura fine, quasi – se fosse possibile – per velature sovrapposte, si richiamano il disegno di Giovanni Iudice, dalla trama così sottile da rendere arduo cogliere il solco della matita sulla carta, nonché quello poetico, evocativo, carico di suggestioni letterarie di Giuseppe Colombo, Francesco Balsamo e Giovanni Robustelli.

Un discorso a parte va fatto per il gesto ipnotico e sognante di Sandro Bracchitta, una sorta di inconscio del suo lavoro di incisore, per quello incerto e sfumato, come se il tempo ne avesse diluito la nettezza, di Giovanni Lissandrello e per quello espressionistico di Momò Calascibetta,

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TG notte - cm. 50 x 100 - disegno a matita 2004

forse il maggiore erede di una tradizione che ha in Grostz e in Dix i suoi padri fondatori e una delle massime testimonianze nel segno sospeso tra l’impegnato e il surreale di Bruno Caruso.In realtà ciascuno di questi autori meriterebbe un discorso approfondito, addirittura monografico, che renda giustizia al suo percorso individuale. A me basta, in questa sede, riconoscere che Jean Clair non si sbagliava».

Info: Andrea Guastella, mail: andreguast@yahoo.com  cell: 327.4059001

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