Archivio della Categoria '*Arte'

Barbara Rose: «I nipotini di Duchamp spariranno. Basquiat? Vale davvero poco»

Domenica 9 Marzo 2014



Il suo viaggio, di storica e critica, nella «factory» americana di Warhol e gli altri

«Hirst e gli altri, rovina dell’arte»

Barbara Rose
Barbara Rose

«La crisi economica? È fantastica. Rimarranno solo i veri artisti. Perché i veri artisti hanno la maledizione dell’arte e non hanno altra scelta». Barbara Rose parla con il sorriso sulle labbra, ma dice cose durissime. Soprattutto sugli artisti che non ama: «Koons, Hirst, Cattelan? Tutti sopravvalutati. Vogliono fare impressione, ma lo choc non dura nel tempo. I nipotini di Duchamp hanno rovinato l’arte. Basquiat? Vale davvero poco e il mercato è pieno di falsi. Per fortuna la storia e il tempo correggeranno tutto».

Un'opera di Basquiat
Un’opera di Basquiat

Barbara Rose, grande storica e critica d’arte, docente, scrittrice e curatore di mostre, ha un dono tutto speciale: quello di parlare con franchezza e di regalare in una conversazione un viaggio nella mitologia dell’arte. I suoi amici più cari erano Warhol, Rauschenberg, Frank Stella, Jasper Johns per fare solo qualche nome. «Avevamo vent’anni, non c’erano soldi e l’unico posto dove trovare qualcosa da mangiare era da Andy alla Factory o allo studio da Rauschenberg. Si viveva così, con allegria e pieni di speranze» racconta. La Rose è una giovanissima settantenne. Impossibile darle un’età precisa, inganna tutti con il fascino della parola e con gli occhi azzurri che sorridono sempre. Ed è una figura davvero unica: non soltanto è la più importante testimone e studiosa dei movimenti artistici americani, lei stessa è protagonista di quella stagione irripetibile (tra gli anni Sessanta e Settanta) che ha visto crescere e consolidarsi i grandi movimenti dell’arte «made in Usa».

Due esempi? Warhol l’ha filmata nel suo film The 13 Most Beautiful... e c’è una foto che la ritrae nuda mentre Jasper Johns le fa un calco di gesso. Lei scherza: «Pezzi delle mie gambe e braccia sono sparsi nei suoi quadri. Faccio parte delle più belle collezioni del mondo». La Rose è stata «dentro» la storia dell’arte con una passione e una libertà che non ha uguali e i suoi scritti hanno offerto una lettura fondamentale per comprendere e costruire una storia dell’arte che è storia del presente. Tra tutti vale ricordare il testo che ha scritto a soli 25 anni, L’arte americana del Novecento, che ha aperto la critica a un mondo fino ad allora pressoché sconosciuto: «Ho scoperto da poco una cosa incredibile: i soldi che quel libro ha fatto guadagnare all’editore sono andati alla Cia. Era tempo di guerra fredda e il volume, che aveva un finanziamento governativo, doveva servire a manifestare la grande potenza creativa degli Usa in confronto all’aridità della Russia».

Da poco ha pubblicato per ScheiwillerParadiso Americano, una raccolta di saggi «sull’arte e anti-arte» dal 1963 a oggi. Un volume che oltre ad essere l’appassionato racconto in presa diretta dei protagonisti dell’arte americana, è anche la storia di una irrefrenabile decadenza, di un vero e proprio declino. Con una sorpresa: da sostenitrice entusiasta degli artisti, fa autocritica e riconosce i limiti, gli eccessi di quel mondo che ha frequentato da vicino. Senza tanti giri di parole Barbara Rose accusa un sistema dell’arte senza più regole etiche che pensa soltanto al profitto: «Siamo in mano al marketing, nient’altro. Viviamo il tempo dei valori falsi confezionati per gente incolta e ignorante. Il problema è la distruzione totale del mercato dell’arte che non ha niente da fare con la qualità di un’opera. Oggi esiste solo la manipolazione del mercato controllata dalle case d’asta, ma ancor di più dalla pubblicità, dai libri e dai critici pagati, dalle feste mondane e dai musei. Sì, i musei sono il vero problema: certificano la qualità quando non c’e nient’altro che moda, scandalo e spettacolarizzazione. È il fast food dell’arte con il gusto di una pizza fredda».

«Ma l’arte americana non è del tutto morta: ho trovato enormi energie nuove dai giovani neri, latini e asiatici. L’arte vive di nuovo grazie al melting pot». Ma New York, aggiunge, non è più il centro del mondo: «Andare a New York oggi è come trovarsi con i resti di una festa». E si lascia andare a una battuta: «Ora a Manhattan ci sono meno artisti che a Todi». Per Barbara Rose anche in Europa non va tanto bene: «La crisi viene del fatto che i ricchi non hanno cultura e i colti non hanno soldi. Viviamo un mondo che non permette lo sviluppo del gusto. Oggi l’intelligenza, l’etica, l’estetica contano poco». Ne ha anche per i critici italiani: «Achille Bonito Oliva? Il suo problema è che si considera un artista. Per lui la più grande opera è solo se stesso. Francesco Bonami è molto legato alle logiche del marketing e capisce solo le regole del gioco. Germano Celant è il gioco». E salva soltanto Gillo Dorfles: «È stato il mio eroe. I suoi scritti sono ancora fondamentali per capire la decadenza del presente ».

La storica dell’arte è un fiume in piena: ricorda i giorni a Washington, dov’è nata e quando saltava la scuola per andare tutti i giorni alla National Gallery. Sognava di diventare pittrice («Ma ho smesso di dipingere quando ho visto i quadri di Frank Stella»); ricorda i suoi 15 anni a New York per conoscere gli artisti: «Bastava andare ai vernissage a Tenth Street o a Betty Parsons e c’erano tutti, sempre ubriachi e a caccia di ragazzine. Cosi ho incontrato de Kooning, Kline, Guston. E poi per pagarmi gli studi ho lavorato da Leo Castelli e così ho cominciato anche a scrivere. Avevo 22 anni». Una vita avventurosa nel nome dell’arte. Ma non solo. Tante anche le passioni d’amore: «Ho incontrato un ragazzo senza denti —racconta —. Era tutto sporco, con la barba lunga, un proto punk. Ma quando ho visto i suoi quadri neri ho capito che era un genio». Quel ragazzo era Frank Stella e diventerà suo marito.

Il secondo, per la precisione, visto che con questa donna tra amori e matrimoni il rischio è di perdersi. Per la cronaca, il terzo marito è stato Jerry Leiber (celebre autore di tutti i testi di Elvis Presley) che ha voluto sposare a Roma perché c’era Argan sindaco che ha celebrato il matrimonio. Tranquilli, scherza: «Il quarto e ultimo marito è anche il mio primo amore». E aggiunge: «Basta artisti, sono impossibili, ti uccidono, questo è un economista, anzi l’ultimo economista marxista rimasto negli Usa e si chiama Richard Du Boff. Eravamo proprio dei ragazzi quando ci siamo sposati ». Dopo 48 anni lo ha ritrovato casualmente durante un viaggio in treno. A Barbara Rose si illuminano gli occhi: «Si è avvicinato e mi ha detto: sei l’amore della mia vita. Ci risposeremo a Venezia. Non è una storia alla Calvino?».

Gianluigi Colin
02 aprile 2009

Art in the Mediterranean

Martedì 12 Marzo 2013

Art in the Mediterranean

Enriqueta Hueso 恩里克塔•乌埃索


Galería O+O (Oriente + Occidente)  西班牙“O+O 画廊”(“东西方画廊”)
C/ Francisco Martínez 34- 36 Bajos 46020 Valencia-Spain
Tfnos : 0034- 639990392- 961336449
Inauguración viernes 22 de Marzo a las 20:00 horas

“Come in cielo così in terra”-particolare da un’opera di Momò Calascibetta

UNA MUESTRA CON CUATRO FLANCOS DE ESENCIALIDAD EN LA GALERÍA O+O

La Galería O+O nos presenta una exposición colectiva en su línea habitual: marcada por un cohesivo prurito, por una intención amalgamadora de lo diverso, que queda armonizado y heterogéneo a un tiempo. Si algo hace entroncar a los cuatro discursos plásticos implicados, eso es el deseo comunicativo desde diferentes esencialidades:

Son los trabajos de Momò Calascibetta de un intenso expresionismo, muy en la línea de Otto Dix. Todo queda envuelto por entre una atmósfera de caricaturesca musicalidad en la que se integra lo controvertidamente bello y lo feo sin remisión. Se me antojan los personajes de este artista cercanos a los de El Greco, sí, estarían tironeados de un lado por un cierto manierismo y de otro por el arte pop más jacarandoso: distorsiona Momò las formas, dislocando los sinuosos volúmenes, otorgándonos, finalmente, la esencia connotadora que encierran.

Pinta Albert Sesma la inmediatez de los tiempos a través de un abigarrado cromatismo a su vez envuelto en un halo de fina sugestión que pudiera ser la plasmación del movimiento por el que transcurre la vida con fondo de estatismo. Una bruma de melancolía asola el rostro de los paisajes urbanos o de las personas retratadas. Es Sesma un realista real-maravilloso. Es el suyo un “antoniolopismo-asorollado” que acarrea un guiño de esperanza por vías inusuales.

Entroncando con el tachismo en lo que a búsqueda de las esencias por la senda del mero lance cromático (elemento clave de la pintura) se refiere, mas sin que podamos hablar de un simple juego gratuito, se nos muestran las obras de Juan Carlos Julián. Y es que hay en ellas una expresividad inducida; un drama traslucido a través de las vigorosas emociones a su vez entreveradas por entre la mancha y el color, que harían atracar  las obras de este artista en el puerto del informalismo más arrebatado (un estallido de indignación exaspera plásticamente su toma de postura contra la violencia de género en esta ocasión).

La escultura de Xavier Raventós nos refiere esquematizaciones de la más cotidiana pasión; ensambla rudimentos de impensada fructificación lírico-plástica; las porciones son salvadas de la irremediabilidad y ascendidas a un sublime y cooperado estatus por obra del re-creador, que nos ofrece, al fin, sugerentes esquemas de esencias.

Todos, en definitiva, son artistas hondamente comunicativos, dialogantes y aplicados en la muestra de las particularísimas claves de acceso a los reductos de sus respectivos universos creativos.

Sólo nos queda felicitar a Enriqueta Hueso por este nuevo y sugerente proyecto.

-Diego Vadillo López-

http://www.galeriaomaso.com/   omasoart@gmail.com

Ascanio in Alba

Martedì 12 Marzo 2013
 NELL’AMBITO DEL PROGETTO POESIA E FORMAZIONE IN LIVING CARMINA EXPO 2015 

Ascanio in Alba  

opera del periodo milanese di

W.A. Mozart 
scritta da Giuseppe Parini 

Mostra

di disegni, bozzetti e grafiche realizzati dagli artisti

Adalberto Borioli, Momò Calascibetta, Alberto Casiraghi,

Remo Giatti, Luciano Ragozzino, Vincenzo Sorrentino

Archivio Dedalus  

dal 28 marzo 2013 al !3 aprile 2013
Via Pietro Custodi 18 Milano 20136

libretto-catalogo -prefazione del critico musicale Carlo Migliaccio

Immagine
Momò Calascibetta-pastello 2012-Ascanio in Alba-omaggio a Mozart
 Le vicende narrate, siano esse immerse nella notte del Mito, che nel fiume della storia migratoria dell’uomo, modellano continuamente il fondo dei nostri conflitti, le speranze e le utopie del sentimento di umanità. Molto spesso pur- troppo, la nostra condotta d’identità sociale e culturale è dispersiva, confusionaria e a volte rinunciataria, minando così, pericolosamente, quella tensione alla coralità, che la musica, invece, sollecita e ricostruisce in un Pathos dell’appartenenza ai valori di dignità e solidarietà che restano immersi e germinativi nel nostro destino comune.

Il profilo dei personaggi dell’Opera, nelle scelte e nelle azioni svolte, disegna, sempre più compiutamente, l’arco di circa tre secoli del teatro musicale. Il definirsi dei “Tipi umani” si sviluppa costantemente in un continuo dialogo e contrappunto con il paesaggio antropologico del loro modello di scambio e convivenza.

L’ intento è quello di sollecitare l’attenzione per il nostro patrimonio culturale sulla librettistica.

Da qualche parte si voleva cominciare per quest’accensione di fari sul tema dei libretti d’Opera; a seguito di una serie di coincidenze o affinità elettive l’Archivio Dedalusha incrociato sulla strada del suo percorso l’Orchestra Mozartiana alla guida del direttore Aldo Bernardi, presidente dell’ AMI Associazione Mozart Italiana Milano, con un progetto a sostegno della formazione musicale in Italia. La mostra di disegni, bozzetti e grafiche realizzati dagli artisti Adalberto Borioli, Momò Calascibetta, Alberto Casiraghi, Remo Giatti, Luciano Ragozzino, Vincenzo Sorrentino a cura di  Vincenzo Pezzella verrà realizzata nello spazio dell’Archivio Dedalus dal 28 marzo al 13 aprile.

La stampa del libretto Ascanio in Alba rientra nell’alveo delle ricerche e delle proposte delle Edizioni Archivio Dedalus che intendono riaprire nel costume culturale italiano una ringiovanita attenzione allo specifico linguistico di queste opere letterarie. Il volume avrà la prefazione del critico musicale Carlo Migliaccio.

La tiratura per l’occasione sarà di 99 copie numerate.

Il tema della favola di Ascanio e Silvia scritta da Giuseppe Parini e musicata da W.A. Mozart ci permette felicemente di sostenere il desiderio e la necessità di rifondare: “Alba”, un luogo, un territorio affettivo di identità perduta in un progressivo oblio della coscienza del nostro paese spenta da tempo. Oggi non possiamo più tollerare quest’imbarbarimento civile che proviamo a contrastare con progetti di corale creatività sempre più estesi tra le discipline, le risorse autentiche, generose, ad opera di giovani e intellettuali decisi a promuovere un “nuovo rinascimento” della nostra identità nazionale.

DEDALUS

 Ass. Cult. e Archivio di Documentazione della POESIA Contemporanea in VIDEO
Via Pietro Custodi 18 Milano 20136
Da Giovedì 28 marzo a Sabato 13 aprile
orari 10 -13 e 15 -19  tel. +39 0236550497
 info@dedaluspoemvideo.it

www.dedaluspoemvideo.it

ALIENS-Le forme alienanti del contemporaneo

Venerdì 25 Gennaio 2013

ALIENS

January 25, 2013

MAG Marsiglione Arts Gallery
presenta
ALIENS 
LE FORME ALIENANTI DEL CONTEMPORANEO
 Immagine
A cura di Sergio Curtacci e Salvatore Marsiglione
graphic designer Vania Elettra Tam
public relations Irene Lucia Vanelli 

Alessio Bolognesi, Angela Viola, Anna Caruso, Anna Frida Madia, Annalù Boeretto, Cristiano De Matteis, Daniela Montanari, Emila Sirakova, Fabio Usvardi, Giancarlo Marcali, Gianluca Chiodi, ILV – Irene Lucia Vanelli, Momò Calascibetta, Nicola Felice Torcoli, Roberta Ubaldi, Silvio Porzionato, Tina Sgrò, Vania Elettra Tam, Willow.
 
Dal 7 febbraio al 2 marzo 2013
Opening: Giovedì 7 febbraio 2013 dalle 18.30
Orari : martedì – sabato 10 | 19:30
aperture extra:
10 febbraio | 18:30 | Carnival party
14 febbraio | 19:30 | San Valentino contemporary day
21 febbraio | 18:30 | Incontro su “Il caso Amicizia” , una incredibile esperienza di contatto fra umani e alieni negli anni della Guerra Fredda.
Interverranno Gaspare De Lama, protagonista della vicenda e Giusi Lucini, Presidente dell’Ass. cult. La Porta Nascosta – arte&lettura
Marsiglione Arts Gallery
Via Vitani, 31
22100 Como
Tel:+39 328 7521463

La Marsiglione Arts Gallery è lieta di presentare Aliens -le forme alienanti del contemporaneo- una collettiva di 20 giovani artisti a cura di Sergio Curtacci e Salvatore Marsiglione.

Oltre alle due serate d’inaugurazione, il 7 e il 10 febbraio dalle 18:30, cioè giovedì grasso e carnevale, ci sarà una sorpresa il 14 per San Valentino e un interessante incontro organizzato in collaborazione con l’associazione La porta nascosta con Gaspare De Lama per giovedì 21 dalle 18:30; il Sig. De Lama è stato testimone e protagonista di un vero contatto tra umani e alieni.
Il primo progetto artistico del 2013 della MAG, nasce dall’incontro delle energie e dei pensieri di chi l’ha curata, che con l’appoggio di tutti i soggetti coinvolti, ha prodotto un collettiva di artisti, noti e meno noti del panorama contemporaneo italiano.
Le energie, le idee e lo spirito collaborativo di tutti, hanno dato vita ad una visione ampia della proposta artistica italiana, 19 artisti che hanno in comune il fatto di essere diversi tra loro.
Il percorso installativo guida il pubblico partendo da un opera di Alessio Bolognesi, che con il suo Sfiggy viene in pace, ma ciò nonostante viene abbattuto perché diverso, si prosegue con un opera che è il fermo immagine dell’equilibrio precario di una figura femminile, opera inedita della serie SOSpesa di Vania Elettra Tam; il confine della new pop viene oltrepassato con un opera iperrealista di Daniela Montanari, che mette l’accento su un aspetto della sua personalità attraverso la precisione del primo piano.
Sempre nella sala principe della galleria, ci s’imbatte in un totem di opere piccole dell’artista italiano, nato in svizzera, Giancarlo Marcali che con scatole di specchi, lastre radiografiche e immagini addentra nell’interno dei corpi che muoiono e risorgono; in netto dialogo il Bastone magico di Nicola Felice Torcoli che crea, distrugge e ricompone opere attraverso la frammentazione delle tele.
Opera espressione della fragilità è quella di Irene Lucia Vanelli che da psichiatra analizza gli stati d’animo e li rappresenta in sagome tridimensionali, aprendo  con la sua la verticalità i lavori a seguire.
Un quadro dipinto su tavola del siciliano Momò Calascibetta
Immagine

L’amante è come il pesce; pessimo se non è fresco
cm.120x60-acrilico 2004

ritrae satiricamente l’abbraccio di due amanti a confronto con i due pesci sul tavolo; a seguire un opera della torinese, residente in Francia, Anna Frida Madia che presenta il ritratto di Calipso con un occhio piumato a rappresentare un occhio magico in grado di scrutare gli eventi futuri; per finire un disegno su vari strati di carta oleata della performer bulgara Emila Sirakova che affronta il corpo umano proiettando su di esso il proprio ego.

Proseguendo nelle sale si passa dall’unica fotografia esposta in mostra, dell’artista bresciano Gianluca Chiodi che presenta un opera ironica, grottesca e riflessiva sugli eccessi della chirurgia estetica e sul Fashion Victim.
Nell’ambiente successivo si ha subito l’incontro visivo con un opera installativa di Annalù Boeretto che unisce la scultura di un tronco di corteccia con le maschere psichiatriche dipinte a lato, dove ogni fruitore vede immagini diverse e strettamente riconducibili al proprio essere.
Al suo fianco le monocromie del piemontese Silvio Porzionato dipingono una donna bambina, con la sua innocenza e la sua spiccata innata sensualità.
Dall’altro lato, proprio a chiudere lo spazio dei bianchi e neri troviamo una rielaborazione pittorica su immagine fotografica originale del romano Cristiano De Matteis, simbolo dell’indifferenza che è l’essenza della disumanità.
A completare questo secondo ambiente abbiamo due opere gestuali, la prima, un interno della calabrese Tina Sgrò, forte, riflessiva e di gran carattere, affiancata da un ritratto di Fabio Usvardi che con le mani dipinge e descrive la fragilità della condizione umana.
Gli spazi della galleria continuano per arrivare al salone dedicato all’incontro; sopra il divano bianco vi è appeso un fantastico e divertente dipinto di Willow, artista milanese ed esponente di quella corrente che sta in mezzo tra la POP ed il design. Al suo fianco un dittico della palermitana Angela Viola, un contrasto cromatico, un dualismo nella forma che convoglia infine in un unica atmosfera sospesa, rarefatta, essenziale e vagamente inquietante.
Si continua il percorso con due mani che disgregano la materia, olio su lamiera ossidata della pittrice umbra Roberta Ubaldi, una compenetrazione cromatica e  materica tra pittura e supporto.
Si conclude con un opera assolutamente contemporanea per tecnica, messaggio e cromatismo della milanese Anna Caruso, che riesce a fondere il mondo reale e tangibile con quello intellettivo ed emozionale tipico del vivere quotidiano.
  Salvatore Marsiglione
ALIENS
by Sergio Curtacci
La pratica artistica contemporanea si situa in un contesto sociale caratterizzato da due fenomeni complementari e ugualmente significativi, da una parte il predominio delle immagini sul linguaggio e dall’altra il diffondersi dell’esperienza della solitudine e dell’indifferenza, dimensioni esistenziali che non riconducono più necessariamente all’altro di sé.
Entrambi i fenomeni hanno origine nella facilità di accesso alla comunicazione visiva di massa e nel voler esaltare e rivendicare la libertà individuale, diffusa e supportata dagli apparati pubblicitari. Se nell’età moderna il rapporto tra l’individuo e la massa viveva nell’alternanza di due movimenti antitetici, la perdita del
soggetto nella folla o al contrario, il potere assoluto rivendicato dalla coscienza individuale, nelle forme di solitudine della modernità, l’antitesi vitale della contemporaneità si è oggi ridotta a forme banali di pseudo socialità e ad una sterile contrattualità con il mondo.
Le identità sono sempre più provvisorie e legate alle funzioni transitorie degli utenti dei vari sistemi: stradale, commerciale, bancario, ecc…
Siamo soli ma al tempo stesso accomunati agli altri da relazioni di tipo contrattuale o da norme prescrittive.
L’esercizio di queste pratiche solipolistiche ha trasformato la coesistenza sociale in un arcipelago di individualità contigue ma distinte, sostanzialmente indifferenti le une alle altre.
Come alieni ci muoviamo sulla terra, osservando tutto con distacco, leggiamo libri e giornali in metropolitana senza accorgerci (o meglio dire non volendo accorgercene) del violento scippo che si sta consumando accanto a noi. Ma la vera tragedia risiede nel fatto che non riusciamo a capire neppure ciò che stiamo leggendo. Invitiamo amici a pranzo o a cena, dispensiamo loro sorrisi ed attenzioni, poi li incrociamo il giorno dopo per strada e ci volgiamo dall’altra parte per non doverli salutare, o peggio fermarci a scambiare poche parole che, spesso e volentieri, riteniamo possano tradursi in inutili convenevoli.
Dopo l’11 settembre 2001 se vogliamo, tutto ciò si è acuito, all’indifferenza ed al fastidio si è aggiunta la paura, il terrore del diverso, guardiamo gli altri come potenziali nemici, ci muoviamo con circospezione… Meglio rimanere a casa e nascondersi dietro al monitor di un computer e navigare in internet per ore, magari con identità fittizie, proponendoci agli altri come eroi moderni senza macchia e senza paura, per tornare il giorno dopo i soliti alieni, visitatori timorosi del pianeta terra.

***JAN KONUPEK***chiuso per un anno

Sabato 21 Maggio 2011

 

L’École des Italiens – Museo Immaginario

 

 

Chiuso per un anno

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Chiuso per un anno. Ma potremmo anche vietare l’ingresso per sempre. Neghiamo l’accesso, ma all’interno l’attività sarà febbrile. Dentro, le cose succederanno inesorabilmente: i quadri ci saranno, gli artisti saranno presenti con le loro opere, le luci saranno sempre accese. Gli eventi saranno garantiti da un programma impeccabile. Dentro le opere, fuori i visitatori.

Per un anno la soglia non potrà più essere varcata, né in entrata né in uscita. Perché, nei tempi in cui viviamo, si entra e si esce dalle gallerie d’arte con troppa disinvoltura, peggio che nel Grand Hotel frequentato da Greta Garbo e John Barrymore. Andare avanti e indietro come formiche impazzite è diventata l’unica attività praticata. Forse perché oltre la porta, dentro e fuori, c’è poco da scoprire, niente che giustifichi la sosta. Solo un viavai ossessivo che conferma l’assenza, sempre meno giustificata, di un pensiero o di un’idea di nuovo eroici.

È per amore che abbiamo deciso di negare l’arte ai curiosi, ai mondani di professione, ai presenzialisti del nulla. Per un anno, dunque, vi inviteremo a delle vere mostre, che potrete solo “spiare” attraverso piccole aperture praticate sui vetri delle finestre oscurate da giornali. Perché all’interno ci saranno dei lavori in corso. Frenetici.

Vogliamo riaffermare l’idea che la galleria è un luogo dove si entra per partecipare a un mistero. Un luogo che merita rispetto. Che pretende decoro, severità di comportamenti e sobrietà di abiti.

Per un anno sarà chiusa soltanto la porta d’ingresso. Dopo, però, potremmo essere anche più drastici, decidendo di murarla definitivamente. E se mai ci venisse voglia di ospitare qualcuno lo faremmo anche noi come il divino e malinconico Pontormo: calando una scala di legno dalla finestra. A nostro insindacabile piacimento.

 

 

Prima mostra della serie  «Chiuso per un anno»

 

Jan Konupek

 

Giugno – Luglio 2011

 

L’École des Italiens – Museo Immaginario

Domodossola, via Mellerio

Info 339 3294909

 

 

Jan Konupek  (1883 – 1950)

 

Pittore, illustratore ed incisore, Jan Konupek, nasce nel 1883 a Mladá Boleslav (Boemia Orientale),  dopo pochi anni si trasferisce a Praga con la famiglia.

Alcuni tra i maggiori architetti del tempo furono suoi docenti alla Scuola Superiore di Tecniche Figurative.

Nel 1910 con altri artisti (Kobliha, Váchal..) fonda il gruppo Sursum.

Nel 1912 inizia a creare il primo di vari cicli grafici, dedicati a figure come Amleto, Cristo, Don Giovanni, Ercole.

Per molti anni insegna alla Scuola Statale di Grafica e collabora con diverse riviste.

Muore a Nové Mêsto (Boemia Orientale) nel 1950.

 

Scrisse Konupek nell’autobiografico Hodina Hermova, “ciò che io faccio non è che una registrazione e una riproduzione di impressioni ed accadimenti dell’incessante pellegrinaggio nella grande spirale della vita”. Una trascrizione quasi automatica di fatti regolati altrove, dei quali sarebbe vano cercare le motivazioni. “Sono determinista, - continua Konupek – non solo credo, ma sono convinto che una mano estranea mi conduca e mi spinga in avanti. Non mi ribello. Sarebbe inutile resistere”.

Konupek si nutre di enigmi. Furori mistici e frenesie visionarie si inseguono in lui secondo sorde e misteriose euritmie; le sue opere, come scrisse Frantisek Kobliha nel saggio che gli dedicò nel 1943, sono “cristallizzazioni di sogni”. E infatti, come cristalli, le sue visioni sono nitide e chiare, spesso la resa grafica è di un netto realismo che a volte diviene quasi vignetta. E questo disegno saldo, ben fatto, è la cifra degli artisti filosofi, come aveva già notato Baudelaire.

L’arte di Konupek, così come i soggetti delle sue opere, è fuori del tempo, è simbolismo senza età; e nella sua corsa in quello che Georg Trakl chiamò “raggiante precipizio del sole” egli fu, e non poteva essere altrimenti, cosmicamente solo.

 

 

 

 

***BIENNALE DI VENEZIA 2011 - 2000 artisti italiani in fila per tre col resto di uno***

Domenica 15 Maggio 2011

***Alessandro Riva alla deriva***

Lunedì 29 Novembre 2010

PEDOFILIA, ALESSANDRO RIVA: CASSAZIONE IL 2 DICEMBRE

Attenti al lupo
Attenti al LUPO
Momò Calascibetta- disegno cm. 68 x 83 - disegno a matita - 2006

Il Corriere della Sera rettifica la notizia data il 27 novembre:la Cassazione deciderà su Alessandro Riva il 2 dicembre.Ecco cosa scrive: MINORI MOLESTATI -Si terrà il due dicembre in Cassazione il processo ad Alessandro Riva, il critico d’ arte condannato in appello a Milano per presunti abusi su minorenni. I giudici (che non hanno ancora emesso la sentenza, come riferito ieri per errore) dovranno valutare se confermare o ribaltare (come chiede la difesa) il verdetto di secondo grado. Pagina 9 (28 novembre 2010) - Corriere della Sera

 

 Di Roberta Lerici

Alessandro Riva, critico d’arte, ex braccio destro di Vittorio Sgarbi  quando nel 2007 era assessore alla cultura del Comune di Milano, scrittore e collaboratore di Carlo Lucarelli nel programma "Blu Notte" di Rai Tre, era stato arrestato nel 2007 dopo che alcune bambine amiche delle sue figlie avevano insospettito le loro maestre per il loro comportamento e per degli strani racconti.L’indagine era quindi partita da una segnalazione della scuola. Le bambine di età inferiore ai dieci anni hanno sostenuto un incidente probatorio quasi subito e si scrisse, allora, che si era voluto cristallizzare le prove per evitare che passasse troppo tempo dai fatti.Riva si difese dicendo di essere stato frainteso dalle bambine, e i suoi avvocati (Gentiloni Silverij e Guglielmo Gulotta) tentarono di far passare questa tesi parlando di giochi male interpretati e di "pettegolezzi contagiosi" dovuti al particolare stile di vita di Riva. Ma la condanna in primo grado a nove anni, ridotta a sei in appello, due giorni fa è stata confermata dalla Cassazione. A Riva era stata sospesa anche la patria potestà sulle  figlie e nessuna dichiarazione è mai stata fatta da sua moglie, rimasta in silenzio in questi due anni e mezzo (il caso scoppiò nel maggio 2007).

Restano in rete i commenti increduli del mondo dell’arte, gli appelli e le raccolte firme di chi assicurava di conoscerlo benissimo e giurava sulla sua innocenza. Si disse, allora, che in Italia "si vedevano pedofili ovunque" e che qualcuno era dedito alla "caccia alle streghe".Insomma, assistemmo al repertorio completo di proclami e azioni messe in campo ogni volta che una persona "insospettabile" viene accusata di pedofilia.Lo stesso dispiego di mezzi ed energie, difficilmente viene usato per difendere le vittime, e questo crea un senso di sgomento in molti di noi.Leggere di volta in volta parole offensive e denigratorie nei riguardi dei bambini e dei loro genitori da parte, per esempio,  di politici, vescovi, uomini di cultura, giornalisti, conduttori televisivi, avvocati  o semplici cittadini, non fa onore alla nostra società, a prescindere da tutto.

MINORI MOLESTATI Riva, confermata condanna a 6 anni

Confermata in Cassazione la condanna a sei anni e mezzo di reclusione per violenza sessuale su minori per il critico d’ arte Alessandro Riva. Riva, scrittore, giornalista e in passato collaboratore dell’ assessorato alla cultura di Milano, era stato arrestato nel 2007 per aver molestato alcuni bambini. In primo grado era stato condannato a 9 anni. Pagina 11-Corriere della Sera, 27 novembre 2010

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 PEDOFILIA, ALESSANDRO RIVA: PENA RIDOTTA IN APPELLO

 Alessandro Riva condannato a 9 anni per violenza sessuale su minori. Non passa la tesi del "pettegolezzo contagioso"

 Pedofilia, Alessandro Riva torna con una mostra in cui Cicciobello brucia

 ABUSI SU MINORI: CONTINUA IL PROCESSO AL CRITICO D’ARTE ALESSANDRO RIVA

 Pedofilia, Decreto Sicurezza:Carcere per i condannati con effetto retroattivo.

 Pedofilia, subito a processo il critico d’arte Alessandro Riva

Il volo dei desideri

Mercoledì 21 Aprile 2010
Il volo dei desideri. Blowin’ in the wind

                                   di                                
                               Maria Bruni                           

                    007.jpg                
 installazione sonora con fotografie, 2010
 “blowin’ in the wind”, 2006, 6 fotografie a colori cm 50 x 70

    elaborazione dell’installazione sonora a cura di Andrea Costa
     voce di
Gian Luca Favetto

  nell’ambito del progetto 
“Sottopasso. Arte in volo”

 
a cura di Olga Gambari e Massimo Fiumanò
da maggio 2009 a settembre 2010
sede: binario 1, stazione ferroviaria di Domodossola

 

Nella Stazione Ferroviaria Vigezzina di Domodossola, che collega due culture, due confini, tra la Svizzera e l’Italia, passano ogni anno due milioni di persone.

 
L’associazione Ingremiomatris ha scelto una postazione nel cuore di questa stazione, per aprire una galleria fuori dal comune. Una storica carrozza degli inizi del ‘900, dagli elegantissimi e spartani interni in ciliegio, recentemente restaurata e tenuta come un’opera d’arte in sé, ferma sul Binario 1, diventa spazio d’arte dove per 17 mesi sfileranno artisti e opere. 

Osserveranno la gente e proveranno a dialogare, a far fermare qualcuno, a raccontare comunque le loro storie. Useranno il linguaggio visivo, quello del colore, delle emozioni, delle forme, del movimento.

 
Se le gallerie di tutto il mondo lamentano che ormai, dopo la serata dell’inaugurazione, nessuno passa più, quale migliore possibilità di avere un pubblico continuo, ricco, quotidiano, affezionato? La carrozza, ferma sul suo binario, diventerà una galleria a statuto speciale, un esemplare unico. Dai sei grandi finestrini illuminati e orientati verso il marciapiede, le opere saranno visibili dall’esterno, osservabili solo da fuori, da chi passa lì vicino.
Il corpo del vagone sarà chiuso, un luogo a sé un po’ magico. Una galleria come una vetrina, che si protende per cercare il contatto, l’incontro tra opera e spettatore, lo scambio e il contatto tra arte e pubblico.
Una creatività multiforme che abiterà la stazione di Domodossola fino a settembre 2010, con un susseguirsi di mostre, tra personali e collettive, che spazieranno dalla pittura alla fotografia, dalla scultura alla videoinstallazione.
La carrozza sarà insomma un piccolo laboratorio in ebollizione, che andrà a cercarsi il suo pubblico sottoterra, partendo dal sottopasso di una stazione per uscire nel mondo.
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L’installazione  sonora site specific “Il volo dei desideri. Blowin’ in the wind”, che Maria Bruni presenta a Domodossola, è un lavoro che arriva da lontano, che continua a vivere, e mutare. Da qualche anno l’artista torinese si interroga sulla dimensione del desiderio, su ciò che essa implica nella condizione esistenziale. Desiderare è l’essenza stessa della vita, quel progettare fatto di razionalità e istinto, inevitabile e spontaneo, attraverso cui ognuno di noi dà senso alle sue giornate e guarda al futuro.
Senza desideri si è materia inorganica.
Maria Bruni è partita dalla simbologia legata all’atto del desiderare, dai soffioni, un insieme di lanuggine bianca in cui si trasformano i fiori gialli dei tarassaci. In quei palloncini pelosi, che si disperdono nel vento dissolti in mille semi volatili, si incarna romanticamente una Natura divina e materna, a cui si affidano le proprie speranze. Dieci persone hanno soffiato sulle fioriture secche davanti al suo obbiettivo, come a sigillare un patto, un impegno, nel momento in cui esprimevano il proprio desiderio. Sono immagini poetiche ed evanescenti, macro che dissolvono la materialità della visione reale per farne emergere l’essenza più intima e spirituale. Sette si sono avverati, sette su dieci della serie “Blowin’ in the wind”, come si intitola il lavoro completo, di cui a Domodossola è presente un segmento.
La carrozza al binario diventa un’ideale serra, una scatola magica che galleggia fuori dal tempo e dallo spazio, contenendo preziosi segreti desideranti, come ex voto. Ognuno in sé è un volo, a occhi chiusi e cuore aperto, che segue le traiettorie aeree dei frutti secchi in cui si metamorfizza il Taraxacum officinale, chiamato anche con altri mille appellativi comuni, da piscialletto a cicoria matta, a dente di leone. Nell’installazione i tanti nomi del tarassaco volano nell’aria attorno alla carrozza, portati da una voce diffusa, che sembra nominare un’umanità silente, un individuo dietro a ciascuno, una prato fiorito che è il mondo. Pieno di desideri.



Olga Gambari

 
Tutta la rassegna è idealmente ispirata alll’idea stessa di volo, di partenza, di nomadismo concettuale. Il volo è una perfetta metafora dell’esperienza artistica. Voli che si compiono in ogni opera, sperimentazioni che partono da terreni conosciuti per esplorare altri mondi e altri cieli. Ogni tensione artistica è così, un volo, che porta l’artista stesso ma anche il pubblico, nel momento del contatto. L’arte è un insieme di tentativi, esperienze, approcci a tentare il salto, comunque, verso qualcosa.

Nelle mostre che si susseguiranno la figura di Geo Chavez è un’eco, una texture che tiene insieme e su cui si sviluppa, come un orizzonte, la struttura del progetto. Chavez sarà una sorta di compagno di volo.
Geo Chàvez, aviatore di origini peruviane che per primo trasvolò le Alpi nel 1910 perdendo la vita, a soli 27 anni, morì in un tragico incidente proprio a Domodossola.        
Il 27 settembre 2010, la città celebrerà, infatti, il centenario della morte di questo personaggio che incantò e commosse il mondo sacrificandosi per il suo sogno.

 

Un comitato scientifico composto da Olga Gambari e Max Fiumanò sceglierà artisti e lavori, con un’operazione dal sapore avanguardistico e situazionista che connota da sempre lo spirito dell’Ingremiomatris.
Alla fine tutta l’operazione sarà documentata da un catalogo, una sorta di diario di bordo di un lungo viaggio d’arte compiuto a bordo di un treno.



Titolo:                                         Il volo dei desideri. Blowin’ in the wind

Autore                                        Maria bruni                                    

 
Inaugurazione:                       venerdì 23 aprile 2010 ore 18.30
a cura di                                 Olga Gambari
Sede:                                      Binario 1 Stazione ferroviaria vigezzina, piazza
                                               Matteotti,  Domodossola
Date:                                      23 aprile 2010 – luglio 2010
Orari:                                      tutti i giorni dalle 5:00 alle 21:00

Info:                                        www.ingremiomatris.com
                                              
info@ingremiomatris.com
                                                tel.:3357357840

SOTTOPASSO arte in volo “TRASVOLATA”

Lunedì 25 Gennaio 2010

Sottopasso
Arte in volo

 1-trasvolata.jpg
a cura di Olga Gambari e Massimo Fiumanò
da maggio 2009 a settembre 2010
sede: binario 1, stazione ferroviaria di Domodossola

 

 Nella Stazione Ferroviaria Vigezzina di Domodossola, che collega due culture, due confini, tra la Svizzera e l’Italia, passano ogni anno due milioni di
persone.
 
L’associazione Ingremiomatris ha scelto una postazione nel cuore di questa stazione, per aprire una galleria fuori dal comune. Una storica carrozza degli inizi del ‘900, dagli elegantissimi e spartani interni in ciliegio, recentemente restaurata e tenuta come un’opera d’arte in sé, ferma sul Binario 1, diventa spazio d’arte dove per 17 mesi sfileranno artisti e opere. 
Osserveranno la gente e proveranno a dialogare, a far fermare qualcuno, a raccontare comunque le loro storie. Useranno il linguaggio visivo, quello del colore, delle emozioni, delle forme, del movimento.
 
Se le gallerie di tutto il mondo lamentano che ormai, dopo la serata dell’inaugurazione, nessuno passa più, quale migliore possibilità di avere un pubblico continuo, ricco, quotidiano, affezionato? La carrozza, ferma sul suo binario, diventerà una galleria a statuto speciale, un esemplare unico. Dai sei grandi finestrini illuminati e orientati verso il marciapiede, le opere saranno visibili dall’esterno, osservabili solo da fuori, da chi passa lì vicino.
Il corpo del vagone sarà chiuso, un luogo a sé un po’ magico. Una galleria come una vetrina, che si protende per cercare il contatto, l’incontro tra opera e spettatore, lo scambio e il contatto tra arte e pubblico.
Una creatività multiforme che abiterà la stazione di Domodossola fino a settembre 2010, con un susseguirsi di mostre, tra personali e collettive, che spazieranno dalla pittura alla fotografia, dalla scultura alla videoinstallazione.
La carrozza sarà insomma un piccolo laboratorio in ebollizione, che andrà a cercarsi il suo pubblico sottoterra, partendo dal sottopasso di una stazione per uscire nel mondo.
 
Il 6 Febbraio alle ore 18 si inaugurerà  con le opere dell’artista ossolano Giuliano Crivelli e dell’artista ticinese Claudio Taddei, tutti e due pittori e musicisti.
Tutta la rassegna è idealmente ispirata alll’idea stessa di volo, di partenza, di nomadismo concettuale. Il volo è una perfetta metafora dell’esperienza artistica. Voli che si compiono in ogni opera, sperimentazioni che partono da terreni conosciuti per esplorare altri mondi e altri cieli. Ogni tensione artistica è così, un volo, che porta l’artista stesso ma anche il pubblico, nel momento del contatto. L’arte è un insieme di tentativi, esperienze, approcci a tentare il salto, comunque, verso qualcosa.
Nelle mostre che si susseguiranno la figura di Geo Chavez è un’eco, una texture che tiene insieme e su cui si sviluppa, come un orizzonte, la struttura del progetto. Chavez sarà una sorta di compagno di volo.
Geo Chàvez, aviatore di origini peruviane che per primo trasvolò le Alpi nel 1910 perdendo la vita, a soli 27 anni, morì in un tragico incidente proprio a Domodossola.       
Il 27 settembre 2010, la città celebrerà infatti il centenario della morte di questo personaggio che incantò e commosse il mondo sacrificandosi per il suo sogno.
Un comitato scientifico composto da Olga Gambari e Max Fiumanò sceglierà artisti e lavori, con un’operazione dal sapore avanguardistico e situazionista che connota da sempre lo spirito dell’Ingremiomatris.
Alla fine tutta l’operazione sarà documentata da un catalogo Allemandi editore, una sorta di diario di bordo di un lungo viaggio d’arte compiuto a bordo di un treno.
 
 

 

 
Titolo: " Trasvolata"
                    nell’ambito del progetto  “Sottopasso. Arte in volo”
 
Inaugurazione: sabato 6 Febbraio ore 18
 
a cura di Massimo Fiumanò
Sede: Binario 1 Stazione ferroviaria vigezzina, piazza
            Matteotti,  Domodossola
 
Date: 6 Febbraio – 14 Marzo
 
Orari: tutti i giorni dalle 5:00 alle 21:00
 
Info: www.ingremiomatris.com
         info@ingremiomatris.com

tel.:3357357840

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Fa scandalo il Gesù sulla sedia elettrica voluto dal vescovo

Lunedì 13 Aprile 2009

L’opera del 2006 dell’artista inglese Fryer appartiene alla collezione dell’imprenditore del lusso Pinault.

L’immagine è impressionante - perché la scultura che raffigura il Cristo morto è decisamente realistica - e ha scosso i fedeli entrati nella cattedrale di Gap, nel sud della Francia, durante le festività pasquali: in fondo alla chiesa il corpo di Cristo non era più inchiodato alla croce, ma abbandonato su una sedia elettrica, con le cinture slacciate come dopo dopo lo shock della scossa, le braccia aperte, la corona di spine a cingere la testa.

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La scultura di Fryer

Polemiche ci sono state, qualche fedele ha espresso la sua contrarietà, disorientato da questa lettura insolita della Passione di Cristo. Ma a proporre lo `scandalo´ e a far entrare in chiesa la scultura - opera del noto artista britannico Paul Fryer - non è stato qualche gruppo cattolico parrocchiale, giovanile, particolarmente inquieto, ma lo stesso vescovo della diocesi di Gap, mons. Jean-Michel di Falco.

Che non è solo un vescovo di provincia, ma responsabile anche del Consiglio della comunicazione della Conferenza episcopale francese. Un esperto, dunque. «È un opera che certo non lascia indifferenti, ma parlare di polemica è falso. Lo scandalo non è dove qualcuno crede che sia», ribatte ora mons. di Falco, più che mai convinto della bontà della sua iniziativa. «Mi sono chiesto perché io non provavo la stessa emozione davanti a un crocefisso. E ho concluso - ammette il religioso - che questo era dovuto all’abitudine. Un’abitudine che impedirebbe di vedere lo scandalo di quest’uomo inchiodato su due tavole di legno come una bestia».

Battezzata «Pieta» - nome in italiano - la scultura di Fryer - che fa parte della collezione d’arte dell’uomo d’affari francese Francois Pinault, ex patron del gruppo del lusso Ppr, proprietario di Palazzo Grassi a Venezia - ha suscitato vive reazioni, «in maggioranza positive», ha osservato il vescovo, il quale ha comunque aperto il sito web della diocesi - diocesedegap.com - ai commenti dei fedeli e dei visitatori, che sono sono stati 3.000.

Eccone alcuni: «La croce non era l’equivalente, all’epoca romana, della sedia elettrica?», si chiede uno dei fedeli. Un altro osserva: «Oggi entriamo in una chiesa senza neanche guardare Cristo sulla croce. Alloro dico grazie a mons. di Falco di svegliarmi». E ancora: ‘’ Questa iniziativa ha il merito di svegliarci, noi cristiani, nella nostra fedè’.

Ci sono anche voci discordanti: «L’ esposizione di quest’ opera non ha il suo posto in una cattedrale il Venerdì Santo». Oppure: «Se è arte, avrebbero potuto metterla da qualche altra parte». Ma anche qui mons. di Falco è pronto a ribattere: «Sono contento di aver visto in cattedrale un grande numero di persone, che abitualmente non entrano in chiesa».