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ALESSANDRO RIVA condannato a nove anni

Domenica 23 Novembre 2008

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Milano, 21 nov. - Il tribunale di Milano ha condannato a nove anni di reclusione Alessandro Riva, il critico d’arte, scrittore e giornalista, messo agli arresti domiciliari il 6 giugno dell’anno scorso, con l’accusa di avere abusato di cinque minorenni. L’uomo, accusato di violenza sessuale aggravata, e’ stato anche consulente dell’assessore alla cultura milanese Vittorio Sgarbi e curatore di numerose mostre di rilievo.
Secondo quanto ricostruito dall’accusa, Riva avrebbe toccato nelle parti intime dei bambini tra il 2002 e il 2007.
Il pm Laura Amato aveva chiesto una condanna a dodici anni di carcere. Il tribunale, considerando le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti, gli ha inflitto nove anni, lo ha interdetto dai pubblici uffici e lo ha privato della potesta’ sui figli. Inoltre, sono stati riconosciuti 10 mila euro di provvisionale alle due parti offese che si sono costituite parti civili, a ciascuna delle quali sono stati anche liquidate 8.000 mila euro di spese processuali.

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«È la vittoria dell’irrazionalità più totale. Ci sono state delle contraddizioni mostruose e questo è il risultato di un clima allucinante». Non si dà pace, Alessandro Riva. I giudici della nona sezione penale hanno appena letto la sentenza. Il critico d’arte - 44 anni, già collaboratore di Palazzo Marino - è stato condannato a 9 anni di reclusione. Per uno dei reati più infamanti: violenza sessuale aggravata. Per il tribunale, a partire dal febbraio 2002 e fino al 2007, abusò di cinque bambine di meno di 10 anni che frequentavano la sua abitazione.
A denunciare Riva era stato il padre di una delle vittime. E, in seguito a quella denuncia, il critico era stato messo agli arresti domiciliari. Era il giugno dello scorso anno. Per mesi, si era difeso sostenendo che l’indagine era «frutto di equivoci e pettegolezzi determinati dallo stile di vita», definito dai suoi legali - gli avvocati Michele Gentiloni e Guglielmo Gulotta - «eclettico». Non così per l’accusa. Il pm Laura Amato, infatti, aveva chiesto che gli anni di reclusione fossero 12 anni.
Fuori dall’aula, Riva insiste. «È stato un processo nato sui pettegolezzi. Io non ho mai cambiato una virgola sulla mia posizione, ma c’era un pettegolezzo su di me da anni, l’ho scoperto dopo, che ha prodotto questa sentenza». Un lungo sfogo. «Dal processo non è venuto fuori nulla di oggettivo - insiste -. È stata una suggestione interna. Evidentemente così si fanno le sentenze in Italia: sulla base di un isterismo antipedofilo. Mi auguro che la corte d’appello sia un po’ meno miope e irrazionale». Ancora. «Il mio è un modello di vita differente, che forse ha creato confusione e ha fatto sì che delle bambine raccontassero cose non vere. Quel che ho capito è che io peccavo di infantilismo in un periodo in cui anche fare una carezza passa per pedofilia e questo è dovuto al clima creato in Italia da una legge allucinante per cui si danno 9 anni a uno che è accusato di toccacciamenti». E ora? «Sto scrivendo un romanzo sugli isterismi sociali che ovviamente parte da questa vicenda». E «con una sentenza del genere, certamente scrivere è l’unica cosa che potrò fare per un po’».

La rana crocifissa

Venerdì 29 Agosto 2008

Un altro caso di spettacolarizzazione dell’arte.

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l’opera incriminata di Martin Kippenberger 

Bolzano - Apertura in grande stile, ma tra le polemiche, per il nuovo Museion, il museo d’arte moderna di Bolzano inaugurato sabato mattina sulle rive del torrente Talvera. A far scoppiare le critiche, anche da parte del vescovo della Diocesi di Bolzano-Bressanone, una rana crocifissa di colore verde lunga circa un metro piazzata nell’atrio d’ingresso della modernissima struttura costata 30 milioni di euro.Simbolo-denuncia degli alto-atesini, pubblicamente bigotti e privatamente dediti alla bestemmia e all’alcolismo

Al di là del valore intrinseco della statua raffigurante una rana crocifissa che stringe in una zampa un boccale di birra e nell’altra un uovo. Kippenberger, scomparso nel 1997 a soli 44 anni, sosteneva di voler combattere l’ipocrisia di chi bada più all’apparenza che all’essenza delle cose. Questo era, secondo lui, il significato profondo della sua rana messa in croce.

Alle parole già espresse dal Papa sui sentimenti religiosi feriti, si aggiungono quelle del ministro per i Beni culturali Sandro Bondi: "Ferma restando la libertà creativa di ogni artista, sarei felice se le istituzioni pubbliche o comunque le istituzione finanziate dal pubblico non esaltassero soltanto l’arte della dissacrazione, dell’inutile provocazione e del non senso, perché l’arte è anche ricerca del significato e della bellezza".
Abbastanza per gridare allo scandalo.Oramai da tre mesi ci si accapiglia introrno all’opera che, nelle intenzioni dell’autore voleva simboleggiare l’ipocrisia di una società corrotta nell’intimo, irreprensibile all’esterno.
Arte o blasfemia?

L’opera, esposta al Museion, il Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Bolzano, ha richiamato l’attenzione di autorità religiose e politiche. Si è perfino arrivati a veglie pubbliche di neocatecumenali e all’intervento del Papa che ne ha discusso con il vescovo locale Wilhelm Egger. Il presidente del Consiglio regionale del Trentino Alto Adige Franz Pahl ha optato per la protesta estrema: il digiuno per vedere rimossa quella che considera “un’offesa al senso religioso”. Il museo, sommerso dal clamore, aveva fatto una piccola ritirata: la rana era stata spostata al terzo piano, accanto ad opere dello stesso autore.

Ultimo atto della diatriba, la scomunica del Papa in persona. In vacanza a Bressanone, Benedetto XVI  ha condannato senz’appello un’opera che "ha ferito il sentimento religioso di tante persone che nella croce  vedono il simbolo dell’amore di Dio e della nostra salvezza, che merita riconoscimento e devozione religiosa". I fautori dell’allontanamento della rana non sono però riusciti a piegare la direzione del Museion.
Con un verdetto a sorpresa, il cda ha assunto a maggioranza la decisione di lasciare al suo posto la "rana in croce". Almeno fino al 21 settembre, giorno in cui si concluderà la mostra "Sguardo periferico e corpo collettivo".

Il mio commento lo lascio ai lettori !

Una mostra da vedere e ascoltare in silenzio

Giovedì 29 Maggio 2008

Giovanna Dal Magro
mostra fotografica
ph.

Francisco Copello
a cura Rossana Veronesi e Luciano Inga-Pin

 TUFANOSTUDIOVENTICINQUE
Viale Col di Lana 14- 20143 Milano

29 maggio-30 giugno 2008

tufanostudio25@alice.it

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Le opere fotografiche di Giovanna Dal Magro su Francisco Copello vengono esposte per la prima volta, dopo trent’anni di letargo, nello  spazio TUFANOSTUDIOVENTICINQUE . Sono le foto nate da un esclusivo ed intenso rapporto di amicizia, dal 1975, tra Giovanna dal Magro e Francisco Copello durato ininterrottamente dieci anni, il periodo in cui l’artista cileno si stabilì a Milano. Del periodo trascorso da Francisco in America è rimasta  la corrispondenza inviata costantemente a Giovanna.

In preda alla solita distrazione che mi caratterizza, sono arrivato all’inaugurazione della mostra fotografica di Giovanna Dal Magro con un giorno di anticipo. Ma, cosa che non mi succede quasi mai, ho avuto modo di osservare con estrema tranquillità  quelle immagini per assaporarne il percorso creativo. Si dice che "la prima impressione è quella che conta"; infatti credo di essermi inoltrato in un racconto lirico  di movimenti, di sguardi, di sessualità e sensualità pervasa di gioia ma anche di sofferenza, in un  racconto dove l’ esaltazione di una dimensione soggettiva e intimistica della performance diventa linguaggio artistico autonomo di una  fenomenologia estetica. E’ la riappropriazione del corpo con l’esibizione della nevrosi, della dimensione aggressiva ed egocentrica, masochistica e sacrificale, ma anche il bisogno di liberazione degli istinti repressi; corpo ibridato e amplificato, trafitto, come piagato da nuovi virus, sessualizzato ma mai antiestetico o repellente. Poesia tra l ‘estro creativo di un  performer  combinato alla  grande  esperienza di un’autentica fotografa d’arte all’insegna dell’amicizia di due grandi personalità.

di Momò Calascibetta

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GIOVANNA DAL MAGRO

Giovanna Dal Magro è nata a Milano dove risiede ed opera.
Nel 1973 espone per la prima volta a Belgrado, con una mostra personale di critica politica.
Seguono le mostre che si espletano con le azioni d’ avanguardia, in coppia con Rossana Veronesi nella storica galleria  Diagramma a Milano, nel Palazzo dei Diamanti a Ferrara, alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna, presso la Galleria Cesare Manzo di Pescara, al Gran Palais di Parigi e nelle molteplici gallerie dislocate in Italia e all’estero.
Inoltre, sperimentando sempre più la fotografia, instaura un forte connubio con i più importanti artisti della Body Art, dell’azione mimetica, delle performances  quale: Urs Luthi, Marina Abramovic, Philips Glass Ensemble, Salvatore Noja ( 1974-1975 ) , Bob Wuilson Plessi e kubish (1976); Marina Abramovic e Ulay, Armando Barocco, Nitsch, John Cage, Meredith Monk, Wiston Tong, Francisco Copello ( dal 1976 al 1980 ) ecc…
Ha ritratto personaggi celebri dell’arte, del teatro, della musica. Ha viaggiato in tutto il mondo cogliendone l’essenza con sguardo acuto e originale.
Pubblica servizi di viaggio, cultura, interni, architettura su circa 50 testate italiane e una trentina di testate straniere.
Nell’insieme, l’opera di Giovanna Dal Magro è espressa in circa 35 mostre personali e 29 collettive; in 33 libri ( 8 monografici ); l’ultimo dei quali, presentato a Milano lo scorso dicembre, è titolato" Profondo Umano"
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FRANCISCO COPELLO

Francisco Copello es un artista con un abanico muy amplio de investigaciones y experimentos en diversas formas artísticas: grabado, técnicas mixtas, collages, happennings, body-art, instalaciones, etc. Bebiendo de todas las fuentes vanguardistas, el artista desplaza al máximo los límites impuestos al arte.
Así por ejemplo, invita a reconocidos fotógrafos y videístas a que registren sus perfomances, hace esculturas en colaboración con otros creadores, utiliza su propio cuerpo como soporte o cita a conocidos artistas en sus obras, como a su amigo Warhol, con lo que no sólo rompe el esquema del artista como autor único, sino que libera su propia figura al no encasillarse exclusivamente en un solo compartimiento de las artes visuales.
En su producción gráfica, Copello presenta gran interés por el manejo del material, realizando fotografías, collages y grabados, concisos y sintéticos; sin embargo, estas producciones mantienen la condición de no ser definitivas: están abiertas a constantes intervenciones que el artista realiza con el paso del tiempo.
En el campo de la perfomance, área donde tiene mayor reconocimiento, Copello plantea asuntos netamente estéticos, como por ejemplo, el hecho de que la presentación de una puesta en escena experimental pase, por medio de la imagen fotográfica, a ser representación.
Estas acciones gestuales funcionan como registros autobiográficos, como memoria ejercida a través del cuerpo, la que incluye desde lo Más lúdico y humorístico, hasta lo Más doloroso, macabro e íntimo de su propia historia.

Mostra: Francisco Copello ph. Giovanna Dal Magro
Ufficio stampa
rosanna.veronesi@virgilio.it

La vera fiction di Caravaggio

Martedì 19 Febbraio 2008


CARAVAGGIO GAY?

"LA VERA FICTION E` FARLO DIVENTARE ETERO"

Se quel Michelangelo Merisi avesse davvero dipinto con i pennelli che la fiction gli ha messo in mano dopo averlo debitamente patinato con i denti bianchi alla Durbans e la camminata da bullo milanese, forse, non avremmo quei raffinati e incredibili capolavori che fortunatamente sono giunti fino a noi.
Sui media il problema principale sembra essere la sua presunta eterosessualità, ed è perfettamente coerente con l’atteggiamento da grande fratello che la società ha nei confronti dei personaggi pubblici.
Il grande Caravaggio,con l’amico siciliano che nel 600 dice: "Uè, fottiti cazzone!", e le sue amiche  con il rimmel e la faccia di "Uomini e Donne" con le unghia pulite laccate, e i preti frocioni che parlano come imprenditori milanesi, è il classico sceneggiato con i borotalchi per la libido di un regista specializzato in soap-opere di artisti maledetti" che pensa che la vita privata dell’artista sia forse più interessante delle sue opere, o forse sia opera anche quella.

Del resto gli artisti contemporanei devono apparire, devono esserci, devono dire. Questo forse perché gran parte delle loro opere da sole non dicono niente, non comunicano, non seducono, non affascinano, non ci coinvolgono drammaticamente fra le luci e le ombre, non ci conducono davanti al mistero della vita e del destino, davanti alla ricerca della bellezza, ma soltanto davanti al trend positivo delle loro quotazioni d’asta.

C’è un altro mondo al di là dell’arte fatta di molti zeri, l’arte che vuole parlare a tutti, ed è questa che dobbiamo seguire e scoprire giorno dopo giorno…    

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I gusti sessuali di Caravaggio sono oggetto di antica disputa tra storici dell’arte, ma un giallo sul possibile «outing» televisivo precede la messa in onda della fiction sulla sua vita.
Diretto da Angelo Longoni e realizzato dalla Titania di Ida Di Benedetto insieme a Rai Fiction, il film trasmesso  in prima serata su Raiuno, già nel maggio 2006, sul sito di Gay Tv, si era meritato una filippica al vetriolo.

°°°°
Un pezzo di Giovanni Molaschi riprende l’intervista rilasciata a Vanity Fair dal protagonista, Alessio Boni: «Dopo aver parlato del suo intenso rapporto con la religione, è approdato all’argomento evidentemente da lui considerato scottante e cioè la nota omosessualità di Caravaggio (…). Boni avrebbe avuto la certezza circa l’eterosessualità del più amato pittore della storia direttamente dal Caravaggio, con cui questo periodo l’attore dice di essere in comunicazione». In effetti, in varie occasioni il giovane attore ha raccontato alcune fatali coincidenze biografiche tra lui e Caravaggio; si va dalle origini bergamasche a un comune fratello prete, fino a una conversione avvenuta contemplando La vocazione di San Matteo nella chiesa di San Luigi dei Francesi, a Roma. Questo basta per sancire che «la fiction di regime prodotta dalla televisione di Stato italiana, a quanto pare, ci proporrà un inedito Caravaggio intento a inseguire donzelle». Come cerimonia riparatrice, quindi, la stessa Gay Tv trasmise a più riprese il Caravaggio del regista inglese Derek Jarman, che rendeva giustizia alla gaiezza dell’artista.

Un’accusa etrosessualizzante preventiva, che però viene smentita da Andrea Purgatori, sceneggiatore del Caravaggio Rai: «Non abbiamo nascosto nulla, anzi ho saputo che potrebbero mettere la farfalla rossa per alcune scene piuttosto forti». Dunque non è vero che la Rai abbia «normalizzato» Caravaggio? «Quando si vede lui che veste il suo modello-amante da Bacco si capisce perfettamente che l’atmosfera è quella di un rapporto tra gay. Per di più si vede chiarissimo che il Cardinale del Monte teneva a palazzo una corte di omosessuali». È un Caravaggio bisex? «L’artista ebbe varie amanti ma poi, sicuramente, anche delle storie gay. C’è un’altra scena in cui una di queste prostitute si spoglia davanti a un alto prelato e gli si concede per cercare di salvarlo». Quindi, massima fedeltà alla storia? «Ci siamo solo presi la libertà di azzardare l’ipotesi che abbia subito da ragazzino un abuso sessuale da Simone Peterzano di cui era apprendista».


Ovvio no??? per giustificare l´omosessualità ci si inventa un abuso sessuale.

Non fa una piega !!!

Forse anche Ciccolina si è data alla porno arte perchè violentata dal padre!

Ma per favore !!!!!!!!!!!!!!


E che qualche dio ci salvi dal regime eterosessualizzante della televisione di stato.

Ma a chi vogliono darla a bere!!!
Solo perchè bisogna fare un revisionosmo storico, ed una censura vaticana?!

Non tocchino la storia dell´arte!!!

Gli artisti sono fuori da ogni possibile morale o pregiudizio!

Le opere del  grande CARAVAGGIO parlano per lui… a tutti!!!

13×17 il cuore di un artista

Martedì 12 Giugno 2007

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CUORE D’ ARTISTA